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L'ex consigliere federale democentrista Christoph Blocher sarebbe pronto a ritornare a Palazzo federale per candidarsi per il seggio di Viola Amherd. La provocazione è stata lanciata dallo stesso tribuno zurighese al canale Teleblocher. "Credo di avere le competenze necessarie. Dopo due o tre anni, il seggio potrebbe poi tornare al Partito di Centro", ha affermato Blocher. Come leggere questa proposta? Abbiamo rivolto la domanda a Marco Chiesa, consigliere agli Stati UDC ed ex presidente del partito nazionale.
Marco Chiesa, la mossa di Blocher come dobbiamo leggerla? È una provocazione o c'è qualcosa di più?
“Blocher sa proprio come ravvivare determinate elezioni. Elezioni che oggi ci hanno portato due candidati de il Centro: uno conosciuto dall'Assemblea federale, Markus Ritter, l'altro assolutamente sconosciuto, Martin Pfister. Blocher ci ha dato una grande lezione con le sue parole: ‘Guardate che i candidati non devono servire sé stessi, devono servire il Paese’, ha detto Blocher. Oggi sappiamo che chi verrà eletto verosimilmente prenderà le redini di un Dipartimento che è stato molto trascurato dal 1989, ossia dalla caduta del muro di Berlino. Non si pensava più che ci potesse essere un interesse accresciuto per il Dipartimento della difesa. Oggi invece è in auge per i suoi problemi ma anche per le sfide di prospettiva. Se tutti dicono di no (e troppi hanno detto di no), Blocher dice di essere disponibile a servire il suo Paese. La vedo come una provocazione, ma ha assolutamente senso. Non è una questione di attacco a un partito. Se uno è Consigliere nazionale o agli Stati e vuole servire il proprio Paese, dove lo può farlo al meglio se non al Consiglio federale? Oggi lo dovrebbe fare all'interno del Dipartimento della difesa”.
Sulla scena pubblica l'UDC sembra tuttavia aver reagito tiepidamente alle esternazioni di Blocher…
“Sì, ci eravamo confrontati con una persona che ci sta dando una lezione di servizio al Paese. Blocher ha comunque oggi 85 anni. Lui dice di essere disponibile per le competenze e tutta l'esperienza che ha maturato nella sua vita nel privato e al servizio della Confederazione. Vuole portare questo bagaglio al servizio di qualcuno e non certo al servizio di sé stesso. Adesso faremo le audizioni. Penso che il candidato Ritter, conosciuto dall'assemblea, potrà dimostrare che vuole fare l'interesse del Paese all'interno del Dipartimento della difesa”.
Mi sta dicendo che l'UDC verosimilmente non opterà per candidature selvagge?
“No, abbiamo una linea, che sarà quella di valutare i candidati proposti dal Centro. Stiamo parlando di un candidato conosciuto, Markus Ritter, ma tutti gli altri (da Pfister, a Candinas passando a Darbellay) sono personalità abbastanza egocentriche. Oggi abbiamo bisogno di qualcuno che dice di mettersi a disposizione per il Paese in un compito difficile”.
Dall'UDC non sono mancate bordate contro l'operato di Viola Amherd. Questo dipartimento era nelle mani di Parmelin fino al 2018. Che cosa è successo nel frattempo, tutta colpa della Amherd?
“No, sono 30 anni che questo Dipartimento è trascurato. Dal momento in cui è caduto il muro di Berlino nessuno si immaginava più una guerra o un conflitto sul territorio europeo. Il Dipartimento della difesa ne ha sofferto tantissimo, con una riduzione degli effettivi e un avvicinamento sempre più ampio verso la NATO. È proprio questo uno dei grandi problemi che Blocher cita: i politici e i militari vanno nella direzione sbagliata, mettendosi nelle mani della NATO e non pensando a una difesa che sia autonoma. Questo era il pensiero comune durante 30 anni e ogni volta che si discuteva di esercito si discuteva di riduzione e di tagli. Negli ultimi anni abbiamo capito quanto fosse una politica sbagliata, abbiamo anche capito che determinati dossier sono stati gestiti con superficialità. Non lo dice l'UDC, lo dice la delegazione della gestione, che vuole approfondire determinati dossier che non sono stati condotti in maniera professionale. Il comandante in capo del nostro esercito, inoltre, ha peccato in alcuni processi e in alcuni progetti che dovevano avere miglior sorte”.
Lei è convinto che è il dipartimento a non essere allettante e non è il ruolo del Consigliere federale ad essere diventato meno attrattivo. È solo un problema di dipartimento in questa tornata?
“Ognuno ha fatto i propri calcoli, c'è chi aveva una situazione familiare non propizia, c'è chi ha pensato che la sua situazione personale non migliorasse con un'elezione al Consiglio federale. Ma essere consigliere federale è un onore incredibile, è un servizio che si fa al Paese, è un investimento personale a livello di impegno e competenze, che non ha eguali. Quando c'è un'opportunità del genere, come lo ha il Centro in questo momento, mi aspettavo oggettivamente molte più candidature. Se uno fa politica è perché ha interesse e amore verso il proprio Paese”.
Da politico, lei ha mai sognato di diventare un giorno Consigliere federale?
“Bella domanda! Sognare di diventare Consigliere federale rischia di essere infranto dalla realtà. Essere Consigliere federale significa essere la persona giusta al posto giusto al momento giusto. Non capita a tutti, molto spesso capita che sei la persona giusta ma sei del sesso sbagliato, del Cantone sbagliato, dell'età sbagliata. Io non mi sono mai fatto questo tipo di ambizione, so perfettamente che è un momento della vita che succede o non succede. C'è chi ha aspettato molti anni senza mai arrivarci e chi invece ci è arrivato perché era la persona giusta al momento giusto al posto giusto.
Questa è una risposta più da centrista che democentrista, mi consenta la battuta…
“Beh, se mi domanda se sarebbe bello servire il nostro Paese a livello di Consigliere federale, dico di sì”.