Ambiente
Cambiamenti climatici e città spugna, Zanini Barzaghi: "Il Ticino è in ritardo"
© CdT/Gabriele Putzu - CdT/Chiara Zocchetti
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Redazione
un mese fa
Cambiamenti climatici e città, il Ticino è in ritardo. Lo sostiene un atto parlamentare socialista che per far fronte alle piogge intense ma anche al caldo afoso chiede più impegno per progettare secondo il concetto di città spugna. Un modo per immagazzinare l’acqua, evitare disastri e combattere la siccità. A Ticinonews abbiamo fatto il punto con gli esperti.

Immagazzinare l’acqua piovana per evitare disastri e far fronte ai periodi di forte siccità. È questo il principio della città-spugna, un’alternativa al drenaggio sempre più attuale e già utilizzata con successo al nord. “Paradossalmente noi soffriamo molto di più il caldo, ma rispetto a città del nord come Berlino – ma anche solo Zurigo e Berna – siamo un po’ in ritardo”, ci spiega Cristina Zanini Barzaghi, ingegnera e deputata PS in Gran Consiglio. “Nei nostri progetti, in particolare quelli infrastrutturali delle strade e delle piazze, questo aspetto non è mai stato considerato”. Zanini Barzaghi, unitamente ad altri tre colleghi deputati, propone quindi una modifica della legge sulle strade. E lo fa introducendo, appunto, il concetto di città-spugna agli articoli 6 e 10.

Meno tombini, più verde per adattarsi ai cambiamenti

“Al posto di avere tanti tombini lungo la strada, che convogliano la pioggia subito nella canalizzazioni, sarebbe opportuno avere più aiuole, alberature, stagni e biotopi”. Zanini Barzaghi ci ha infatti spiegato che in questo modo l’acqua “verrebbe convogliata dapprima qui, negli spazi verdi che aiutano anche ad abbassare la temperatura in caso di surriscaldamento”. In questo modo, come si suol dire, si prenderebbero i due classici piccioni con una fava. Due fenomeni quindi opposti: le precipitazioni intense e il caldo rovente, che manifestano però la stessa tendenza, ovvero il cambiamento climatico a cui occorre anche adattarsi. “I cambiamenti sono in atto già da diversi anni, al punto che sono cambiate anche le normative nel settore. Quando si progettano nuovi edifici o nuove strade bisogna infatti tenere conto che gli eventi estremi sono sempre più frequenti delle piogge intense. In questi momenti, se le canalizzazioni non sono in ordine o il terreno non è in grado di assorbire l’acqua il sistema va in crisi e si creano esondazioni ed alluvioni, con conseguenti importanti danni”.

Materiali riciclabili nella costruzione

L’atto parlamentare incalza anche sull’uso di materiali riciclabili nella costruzione e sul coinvolgimento di biologi e paesaggisti quando si fa manutenzione per aumentare le superfici permeabili e verdi in prossimità di carreggiate e edifici. In questi anni le principali città in Ticino stanno mappando le isole di calore. E i primi interventi, da via della Posta a Lugano a via Ghisletta a Bellinzona, cominciano a farsi strada.  

"Avere una zona verde al posto dell'asfalto aiuta"

Quello delle isole di calore è quindi un tema sempre più centrale nella società odierna e vede impegnati gli enti pubblici, così come le autorità cantonali e comunali. Ma a giocare un ruolo importante sono anche i privati, che collaborano a stretto contatto con le autorità pubbliche. "Negli ultimi anni abbiamo lavorato con diversi comuni che ci hanno incaricato di studiare il problema e trovare delle misure di mitigazione", spiega Luca Solcà, direttore della CSD ingegneri. "Queste soluzioni vanno dalla riconversione delle superfici asfaltate in aree totalmente o parzialmente verdi alla creazione di zone di refrigerio in cui trovare riparo dal surriscaldamento urbano. Da qui si può anche parlare della creazione di percorsi verdi per collegare queste aree".

"Le aree più delicate sono quelle maggiormente edificate"

Per cercare di rispondere al problema del riscaldamento urbano, il Cantone sta collaborando con l'Istituto di Scienze della terra della SUPSI con un obiettivo di creare una mappatura cantonale delle isole di calore. "Il progetto è iniziato nel 2019 e ci permette di capire quali sono le aree più critiche, quindi quali sono quelle più vulnerabili dove abbiamo una concentrazione per esempio di popolazione più a rischio", precisa la ricercatrice Annalisa Rollandi. "Sicuramente le aree più delicate sono quelle in cui abbiamo temperature superiori ai 25 gradi, ovvero tutte le aree urbane maggiormente edificate".