
Forse ad alcuni è sfuggita la notizia, risalente lo scorso agosto, con cui la Società svizzera di utilità pubblica, che organizza eventi patriottici come la festa federale sul Rütli, ha deciso di lanciare un concorso di idee a partire dal 1. gennaio di quest'anno per la ricerca di un inno alternativo. Secondo l'associazione infatti l'attuale inno "non riflette la Svizzera nella sua molteplicità politica e culturale" e pertanto ha deciso di promuovere la creazione di un inno nazionale adatto ai tempi. "Il testo" scrive la società "deve rispecchiare il significato e lo spirito del preambolo della Costituzione federale, i suoi valori. La giuria dovrà anche stabilire se la musica dell’inno nazionale può essere rivisitata restando comunque riconoscibile”.
La notizia non è certo sfuggita al consigliere nazionale PPD Fabio Regazzi che in un testo inviato in redazione in serata replica: "Ma stiamo perdendo la bussola?". Secondo il parlamentare, cambiare l'inno è come dire: "Il nome Svizzera è brutto, chiamiamola invece Eureka”; oppure “la bandiera con la croce non è estetica, sostituiamola con una a quadretti”.
"La musica e le parole di un inno nazionale hanno un significato simbolico" precisa il consigliere nazionale. Ma non solo, continua. "Quella melodia rappresenta il nostro Paese a tutti gli effetti, come il nome “Svizzera”, come la bandiera a croce bianca su sfondo rosso. Le categoria bello, brutto, moderno e vecchio non si applicano ai simboli. I simboli servono per richiamare alla mente dei concetti, un passato storico comune, dei valori condivisi, e non per appagare il gusto di qualche illuminato mosso da criteri estetici pur sempre soggettivi e individuali. Non si suona il Salmo Svizzero per ascoltare della buona musica, ma per far presente a chi ci ascolta che qualcuno sta rappresentando la nostra Patria, il suo popolo, le sue istituzioni".
"Ogni tanto alcune nazioni cambiano la bandiera e così persino il nome" continua il popolare democratico. "Per esempio l’Italia, quando è diventata una Repubblica, ha tolto lo stemma sabaudo dalla bandiera e ha modificato la propria denominazione ufficiale da “Regno d’Italia” a “Repubblica Italiana”. Quindi, di regola, quando una nazione cambia nome o bandiera cambia anche il proprio inno nazionale, come è successo per l’Italia. Ma ancora una volta, questi cambiamenti di denominazione e simboli non si fanno per motivi estetici o per rimanere al passo con i tempi. Si fanno per rispecchiare radicali cambiamenti nella struttura stessa della nazione".
Regazzi sottolinea infine il valore storico dell'inno: "Forse nel 1981, data dell’ufficializzazione dell’attuale Salmo, si sarebbe potuto scegliere un inno più bello. Ma la decisione del Consiglio federale è stata di confermare come inno il canto che veniva intonato nelle manifestazioni sin dal 1841, da centoquarant’anni. Non aveva più senso cambiarlo, in quanto non si era di fronte a un radicale cambiamento istituzionale, ma semplicemente davanti all’esigenza di dotarsi di un canto patriottico per le cerimonie ufficiali. Da allora, non si contano più gli alzabandiera accompagnati dalle note del Salmo Svizzero e dalle parole cantante, spesso solamente mormorate, da cittadini, sportivi, politici, militari, nelle più svariate manifestazioni".
"Invece di indire concorsi non richiesti per sostituire il nostro inno" conclude il parlamentare "si dovrebbe piuttosto insegnare nelle scuole il significato esatto delle parole del Salmo, come saggiamente deciso dal Gran Consiglio ticinese lo scorso 6 maggio, perché ho l’impressione che la stragrande maggioranza degli svizzeri non le conosca. Sono quindi contrario all'idea di dare nuovo slancio all'inno del 1841. La melodia e il testo del cantico svizzero, costituiscono un'unica entità che conserva ancor oggi intatta la propria identità. Quindi il Salmo Svizzero non si tocca!"
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