La volata
Canone radio/TV, ecco cosa pensano i cinque candidati ticinesi agli Stati
Redazione
un anno fa
Ticinonews presenta le interviste ai cinque candidati ticinesi alla Camera alta in cui Regazzi, Farinelli, Mirante, Chiesa e Gysin daranno la loro ricetta su cinque temi di attualità.

Il tema della migrazione ha lanciato la volata di Ticinonews al ballottaggio per l'elezione dei rappresentanti ticinesi al Consiglio degli Stati. Successivamente, è toccato all’argomento clima. Questa sera invece si parla di canone radiotelevisivo. Sarebbe giusto portarlo a 200 franchi? Dovrebbe essere facoltativo? Ecco cosa pensano in proposito Amalia Mirante (Avanti con Ticino&Lavoro), Alex Farinelli (Plr), Greta Gysin (Verdi e Ps), Fabio Regazzi (Centro) e Marco Chiesa (Udc).

Mirante: “Le persone hanno tutto il diritto di avere questo accompagnamento”

II tema del canone radiotelevisivo “non va sicuramente affrontato come sta facendo il Consiglio federale”, afferma Amalia Mirante. “È un errore enorme pensare di mettere mano all’offerta del servizio pubblico. I cittadini e le cittadine hanno tutto il diritto di vivere l’intrattenimento e di vedere lo sport”. Tra l’altro, “dovremmo intenderci su questa idea di volere solo informazione di educazione e cultura, ricordando che per l’educazione, per fortuna, ci sono le scuole”. Per Mirante le persone “hanno quindi tutto il diritto, soprattutto nella Svizzera italiana, di poter avere questa funzione importantissima dell’accompagnamento, di avere compagnia durante il giorno dalla radio e dalla televisione, con programmi di qualità e dunque anche con intrattenimento e sport”.

Farinelli: “Preservare quella che è una dignità rispetto al resto del paese”

Per Alex Farinelli, quando parliamo di canone radiotelevisivo “in realtà parliamo di rispetto delle minoranze linguistico-culturali. Noi come italofoni siamo la grande minoranza della Svizzera, che deve in qualche modo preservare quella che è una dignità rispetto al resto del paese”. Nei prossimi anni si discuterà della diminuzione del canone “e dobbiamo sempre tenere presente che nel nostro interesse dobbiamo difendere una chiave di riparto e dobbiamo difendere il rispetto per la nostra regione, e quindi non far sì che una revisione di questo canone vada in qualche modo a scapito di quello che sono l’italianità e il canton Ticino”. Anche perché “parliamo di centinaia di milioni: il Ticino oggi paga 40 milioni e ne riceve 200”. Se venissero ridotti questi soldi “vorrebbe dire meno posti di lavoro, meno aiuti per le nostre manifestazioni (pensiamo al Festival del film e all’Osi), e quindi sarebbe qualcosa di pericoloso per la nostra identità e per il nostro cantone”.

Gysin: “Qualsiasi taglio si ripercuoterà sulla qualità del servizio offerto”

Secondo Greta Gysin, il tema del canone radiotelevisivo va affrontato “con molta attenzione, per una regione periferica di una minoranza linguistica come la nostra”. Il canone “ci permette di avere una radio e una televisione di qualità, e anche di finanziare radio e televisioni private”. Per l’informazione e per il servizio pubblico “questo è assolutamente essenziale e dobbiamo essere coscienti che qualsiasi taglio al canone radiotelevisivo comunque si ripercuoterà sul personale e sulla qualità del servizio che ci viene offerto”. In una democrazia il ruolo del quarto potere, del giornalismo, “è assolutamente essenziale affinché i cittadini e le cittadine siano informati in maniera equilibrata e corretta, e quindi se vogliamo affrontare questo tema cerchiamo di non farlo in maniera ideologica, bensì con molto pragmatismo e con molta prudenza”.

Regazzi: “Il ruolo dell’emittente pubblica è andato un po’ oltre negli ultimi anni”

Fabio Regazzi ricorda che “un’iniziativa polare che ha raccolto circa 125'000 firme chiede una riduzione del canone a 200 franchi e soprattutto la soppressione del canone a carico delle aziende. Dal mio punto di vista chiaramente il focus è sul canone prelevato dalle aziende, che ritengo essere ingiusto e iniquo. Si tratta di una doppia imposizione, perché viene già prelevato dai dipendenti, e quindi noi ci siamo battuti, come Unione Svizzera Arti Mestieri, per abolire questo canone”. Vi è stata anche “una mia iniziativa parlamentare, la quale purtroppo è stata respinta dal Consiglio degli Stati”. Il dibattito “è lanciato, si tratterà di vedere se ci sarà la possibilità di trovare un consenso su un eventuale controprogetto, ma credo sia anche opportuno discutere del ruolo dell’emittente pubblica e del suo mandato, che sicuramente è andato un po’ oltre negli ultimi anni”.

Chiesa: “Con 200 franchi pagati da tutti i cittadini si può fare l’interesse dell’intero paese”

“Bisogna capire quali sono i compiti principali di un servizio pubblico”, spiega Marco Chiesa. Un servizio pubblico “costa centinaia di milioni di franchi all’anno prelevati in maniera obbligatoria dai cittadini e anche dalle imprese”. 3’0'000 ticinesi “hanno detto che bisogna riformare questo sistema. Molti magari non guardano neanche la televisione. Io ad esempio ero contrario alla No Billag, perché penso che un servizio pubblico sia necessario”. Tuttavia, con 200 franchi pagati da tutti i cittadini “penso che si possa fare l’interesse sia delle regioni sia dell’intero paese”.

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