
Già nella giornata di ieri, nelle ore successive alla notizia dello sfogo dello stilista tedesco Philipp Plein, l’attenzione si è rivolta sulle segnalazioni di presunti episodi di lavoro notturno (vietato, rammentiamo, dalle 23 alle 6) e mancato rispetto degli orari di riposo presso la sede luganese del noto brand di moda. Il sindacalista OCST Alberto Trevisan, da noi contattato, aveva spiegato di aver ricevuto molte segnalazioni da parte di dipendenti di Plein. Segnalazioni che hanno spinto il sindacato ad allertare l’Ufficio dell’ispettorato del lavoro.
“Non siamo schiavisti” - Interpellato dal Corriere del Ticino, lo stilista aveva respinto al mittente le accuse, spiegando che sede centrale del brand di moda in via Capelli a Lugano non si pratica la schiavitù. “Offriamo un ambiente di lavoro assolutamente nei limiti della legge e quindi rigettiamo queste voci su di noi”, ha ribadito il designer tedesco. “Ieri sera stavamo mangiando una pizza con dei fornitori italiani e quindi la situazione era particolare”.
Una spiegazione che sembra contrastare con le testimonianze di due ex dipendenti che, ai microfoni della RSI e del Corriere del Ticino (per saperne di più leggi il Corriere in edicola oggi), hanno dichiarato che sforare con gli orari di lavoro fosse prassi decisamente comune.
Le testimonianze - Sulla stessa lunghezza d’onda anche altri due ex impiegati di via Capelli che, contattati da Ticinonews, affermano di aver dovuto lavorare ben oltre le 19. “Lavorare fino all’1 capitava abbastanza spesso, ma mi è successo anche di dover restare fino alle 4 o alle 6 del mattino per poi ripresentarmi in ufficio alle 9, o addirittura di dover lavorare nel weekend”, ci spiega un ex dipendente (nome noto alla redazione), secondo cui gli straordinari “non erano retribuiti né recuperabili”. Per il nostro interlocutore si è rivelata una situazione insostenibile: “Io me ne sono andato per il troppo stress. Ho avuto attacchi di panico e ho detto basta”. Come lui, ci confessa, molti altri: “C’è un viavai incredibile”.
Un racconto analogo lo sentiamo da una ragazza (nome noto alla redazione), licenziata, a suo dire, per essersi lamentata degli straordinari. “Lavorare fino a tardi capitava molto spesso. Io però restavo fino alle 2, poi me ne andavo. Ai miei colleghi è successo di dover lavorare fino alle 6 del mattino”. “Non voglio sputare nel piatto dove ho mangiato - ci spiega - Capisco gli straordinari in vista di una sfilata, ma lì era la regola e non l’eccezione. E per i colleghi che si recavano negli showroom di Milano i carichi di lavoro erano ancora più massacranti”. In quei casi capitava di dover dormire in albergo (pagato, va detto) per poi rientrare il giorno dopo.
"Evento eccezionale" - Nella serata di ieri Carmine Rotondaro, consulente dello stilista, aveva spiegato alla RSI che l'evento di martedì fosse "eccezionale" e quindi "non prevedibile", motivo per cui non era stata chiesta una deroga (che, ricordiamo, vengono concesse eccezionalmente).
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