Ticino
"Caritas e SOS, i programmi occupazionali servono?"
"Caritas e SOS, i programmi occupazionali servono?"
"Caritas e SOS, i programmi occupazionali servono?"
Redazione
8 anni fa
Tiziano Galeazzi interroga il Governo sulla loro effettiva efficacia: "Tutti soddisfatti?"

Il deputato UDC Tiziano Galeazzi ha presentato un'interrogazione Parlamentare per chiedere lumi sui programmi occupazionali organizzati da Caritas e SOS Ticino, evidenziando alciune "note stonate" in ambiti dove si svolgono attività e programmi occupazionali "di dubbio impatto e relativo futuro beneficio".

"Il programma occupazione, così come la riqualifica professionale, sono d’importanza vitale per una persona che, in un momento delicato della sua vita e dopo aver perso il lavoro, cerca disperatamente di trovare un nuovo impiego, seppure non nel suo campo, ma quantomeno in un altro settore a lui più confacente - scrivono Galeazzi e i cofirmatari Boris Bignasca Lelia Guscio (Lega) e Lara Filippini e Gabriele Pinoja (UDC) -  In un contesto economico come quello in cui ci troviamo, che rammenta un “bollettino di guerra”, (ca. 6’800 disoccupati, 8’000 persone richiedenti l’assistenza corrispondenti a un totale di ca. il 7% dati ILO della forza lavoro ticinese) di certo non c'è da stare allegri".

"In riferimento a queste dinamiche, da anni si cerca di far passare un messaggio chiaro riguardante l’importanza della riqualifica professionale tramite corsi e programmi mirati, studiati, con obiettivi realizzabili per coloro che li frequentano. Quante volte abbiamo sentito il Governo pronunciarsi su questo genere di formazione complementare e dare peso alla collaborazione tra pubblico e privato affinché si possano ricollocare più persone possibili nel mondo del lavoro". Un mondo che secondo il deputato democentrista "purtroppo si restringe sempre più, sia per questioni di qualifiche professionali specifiche, passando dall’esperienza maturata negli anni, all’età (appurato che oltre i 45-50 anni è quasi impossibile trovare un lavoro), ai quali si aggiunge la concorrenza spietata proveniente dai paesi dell’Unione Europea tramite la libera circolazione, alla “guerra salariale ribassista” (dumping) e, ovviamente, anche alla conclamata congiuntura economica".

"In questo contesto il compito importante della politica è sicuramente la facoltà di creare le condizioni quadro per l’economia, oltre ad incentivare la formazione e la riqualifica professionale dei giovani e meno giovani di questo Cantone. Questo non esclude ovviamente formazioni ed esperienze nel resto della Svizzera o all’estero messe in pratica dai diretti interessati, dove ognuno dovrebbe metterci del suo, secondo le proprie possibilità".

"Detto questo la politica deve poter garantire, oltre alla formazione di base e professionale, anche le premesse per un “rientro” nel contesto lavorativo, che sia tempestivo nei confronti di tutte le categorie. A partire dalla forza lavoro in disoccupazione a quella in assistenza ed anche nei confronti di chi è reduce da infortuni prolungati nel tempo a causa di complicazioni o per le donne in caso di maternità. Nel specifico è innegabile risultino alcune note stonate in alcuni ambiti dove si svolgono attività e programmi occupazionali di dubbio impatto e relativo futuro beneficio, come evidenziato da chi li ha frequentati e come riportato nell' interessante servizio trasmesso sulla RSI lo scorso 17 marzo", lamentano gli interroganti.

Il deputato punta quindi il dito contro Caritas e Soccorso operaio svizzero (SOS):  "Un corso o più corsi di perfezionamento dovrebbero facilitare l’inserimento di una persona senza lavoro in un nuovo mondo produttivo ma è assodato che la realtà, per buona sostanza, è tutt’altra". Galeazzi, infine, rammenta che "per questi interventi occupazionali, annualmente vengono erogati dei cospicui contributi pubblici".

Fatte queste premesse, i cinque deputati pongono al Consiglio di Stato le seguenti domande:

1. A quanto ammontano i contributi cantonali annuali versati a Caritas Ticino e SOS (ultimi cinque anni)?

2. Si chiede nel dettaglio come questi fondi vengono spesi per i programmi occupazionali.

3. Qualora non fossero spesi nei programmi occupazionali, dove vanno a finire i fondi inutilizzati per lo scopo a cui erano destinati? E quale giustificazione viene fornita al Governo da chi riceve i contributi pubblici?

4. A quante altre Associazioni, oltre a quelle citate, il Cantone versa contributi per questi programmi occupazionali e a quanto ammontano gli importi erogati negli ultimi cinque anni per questi programmi, sia per tipo di attività e numero?

5. Quale tipo di controllo da parte dell’Amministrazione viene effettuato a livello occupazionale? Quali benefici didattici e pratici, condizioni di lavoro, sicurezza della salute pubblica e sul posto di lavoro in seno di svolgimento di questi programmi?

6. Esistono controlli cantonali con rapporti redatti a scadenze regolari? Se sì, risultano esiti positivi per i corsisti nel trovare un lavoro al termine dei corsi?Oppure questi corsi vengono considerati degli “impieghi momentanei” fini a se stessi e che non danno in seguito alcuno sbocco nel mercato del lavoro?

7. Si chiede al Governo se questi corsi non appaiono piuttosto un aiuto concreto (manovalanza) alle attività economiche e a chi li organizza piuttosto che trovare riscontri in benefici, ovvero posti di lavoro, nei confronti di chi li ha frequentati?

8. Al termine dello svolgimento dei programmi quante persone sono state assunte, magari presso queste associazioni e quante hanno trovato impiego altrove? (ultimi 3 anni)

9. Quante delle persone che hanno partecipato a questi programmi occupazionali durante gli ultimi tre anni sono ancora disoccupate o sono finite in assistenza?

10. Si chiede il dettaglio di tutti coloro che sono autorizzati e finanziati con soldi pubblici nell'attuazione e organizzazione di questi programmi occupazionali o di riqualifica professionale. (All’anno quanto corrisponde il totale in fondi erogati?)

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