In Svizzera la comunità LGBTQIA+ è ben accolta, ma rimangono ancora molti pregiudizi. È il quadro tracciato da un recente studio di gfs.bern, per conto di Amnesty International, presentato ieri mattina nella capitale. Un’analisi che mostra come la maggioranza della popolazione svizzera sia ben disposta nei confronti delle persone LGBTQIA+, ma spesso ancora intollerante nei confronti delle persone transgender e intersessuali. Secondo l'indagine, gli atteggiamenti positivi nei confronti della comunità arcobaleno sono diffusi, soprattutto in termini di valori e libertà individuali. Tuttavia, non appena si parla di basi giuridiche concrete e regolamenti istituzionali l'apertura e la disponibilità al sostegno diminuiscono. A interessarsi meno delle problematiche con cui sono confrontate le persone LGBTQIA+ e a mostrare atteggiamenti negativi sono soprattutto gli uomini, le persone più anziane, chi si dichiara politicamente di destra o ha delle convinzioni religiose. Quanto alla aggressività, che purtroppo ancora persiste, una persona su tre della comunità arcobaleno afferma di aver subito una violenza fisica o sessuale negli ultimi cinque anni. Inoltre, una parte importante delle persone intervistate dice di aver vissuto regolarmente esperienze di discriminazione. Sempre secondo lo studio, il livello di violenza e discriminazione è superiore in Svizzera rispetto alla media europea. Di conseguenza, le organizzazioni hanno presentato richieste concrete ai politici e alle autorità per prevenire la violenza e l'odio e per garantire una maggiore accettazione dei gruppi minoritari nella società. Chiedono in particolare l'estensione del reato di discriminazione previsto dall'art. 261bis del Codice penale alle persone trans e a quelle con caratteristiche di genere diverse. Per capire com’è attualmente la situazione in Ticino ne abbiamo parlato con Arianna Vassere, educatrice sociale, formatrice e attivista LGBTQIA+ per l’associazione Imbarco Immediato.
In Ticino "emerso un raddoppio dei crimini d'odio"
Vassere ci ha quindi spiegato che in base alla loro esperienza di Associazione attiva prevalentemente in Ticino, “il quadro già emerso in maggio in occasione della giornata contro l’omo-bi-trans fobia è quello di una società che apparentemente si mostra più tollerante e gentile”. Tuttavia – ci spiega sempre l’attivista - nella pratica e nei numeri “continua ad emergere un contesto ostile, in particolare per le lettere T e I della sigla, ovvero persone transgender e intersessuali. Quello che ci preoccupa maggiormente riguarda però il contesto di questo clima ostile che si gioca nel quotidiano tramite battute e omofobia indiretta, così come commenti e odio che si sprigiona online attraverso i social o nei commenti all’interno dei portali che trattano questa tematica”. Se già in maggio era emerso un raddoppio dei crimi d’odio nei confronti della comunità LGBTQIA+, “ecco che l’analisi di oggi conferma, se non addirittura enfatizza, maggiormente questa crescita. E questo ci preoccupa”.
Una comunità ancora percepita come pericolosa
Parlando di violenza, anche verbale, proprio ieri Vassere ha vissuto in prima persona quanto velocemente l'odio possa viaggiare, anche e soprattutto via social. “Io ho scelto di non andare a leggere i commenti sulla pagina Facebook di questo portale, ma mi è stato riferito che sono state spese parole poco delicate e poco cordiali, nei confronti sia della comunità e anche probabilmente verso di me”. Comunità che – ci dice sempre Vassere – viene percepita come pericolosa, così come vengono percepiti pericolosi i diritti acquisiti, “come se il diritto acquisito dalla comunità arcobaleno vada a togliere qualcosa al resto della popolazione. E in occasione di queste giornate si scatena tutto quell’odio di cui sto parlando, che non fa altro che confermare che associazioni e movimenti di tutela continuano ad avere un ruolo fondamentale anche in Ticino e in Svizzera”.
I motivi dei pregiudizi e dell’odio
Ma a cosa sono dovuti questi pregiudizi, che sembrano essere così radicati in parte della popolazione? La causa va ricondotta alla mancanza di conoscenza o piuttosto alla paura del diverso? “La questione va guardata sotto più punti di vista. Sicuramente più si conoscono persone, maggiore è la probabilità di vedere come sono nella loro varietà e minore sarà invece quella di sviluppare degli stereotipi e dei pregiudizi”. Per Vassere, così come per Imbarco Immediato, la formazione è il primo strumento da mettere in pratica per poter sensibilizzare su questi temi. “Personalmente, quello che faccio in sede di formazione è chiedere alle persone partecipanti di esporre le loro paure, tirando fuori tutto ciò che maggiormente li spaventa o li fanno arrabbiare. In questo modo possiamo aprirle, capire cosa non è chiaro e cosa fa così paura per poi costruire una lettura differente, sempre rispettosa nei confronti di una persona, in questo caso appartenente a questa comunità”
Appelli alle autorità
Ma sono già stati fatti degli appelli alle autorità affinché si attivino concretamente in favore della comunità arcobaleno? E che cosa si chiede, nel concreto? “Credo che le autorità, come ad esempio alla Polizia o ai servizi che si occupano delle vittime di reati, possano essere maggiormente sensibilizzati su cosa significa essere una vittima di omo o transfobia. Inoltre, possono essere sensibilizzati sul quadro legale attualmente vigente che tutela le persone omosessuali, ma non tutela quelle transgender. Questo perché tutela unicamente dalla discriminazione dell’orientamento sessuale, ma non dell’identità di genere. Dal punto di vista legale c’è quindi una parte della comunità più tutelata di altre, perciò anche le autorità vanno sensibilizzate, informate ed educate in questo senso, quindi all’accoglienza di una persona della comunità che vuole, ad esempio, denunciare un reato”, ha concluso Vassere.