Ticino
“Covid, la soluzione non è fermare le aziende”
Foto © CdT/Gabriele Putzu
Foto © CdT/Gabriele Putzu
Marco Jäggli
4 anni fa
Le associazioni economiche ticinesi sono scettiche sull’efficacia di nuove misure e si oppongono alla chiusura auspicata da Unia: “Creerebbe un danno enorme”.

“La soluzione non è il lockdown”, il mondo economico ticinese, rappresentato dalla Camera di Commercio e dell’industria del Cantone Ticino, l’Associazione Bancaria Ticinese, l’Associazione Industrie Ticinesi, la Società Svizzera Impresari Costruttori e l’Unione Associazioni Edilizia, si oppone fermamente ad una chiusura generalizzata delle attività lavorative, come auspicato dal sindacato Unia. In primis, scrivono, perché “non è sul posto di lavoro che avvengono principalmente i contagi, anzi”, in secondo luogo perché “una chiusura generalizzata creerebbe un danno economico enorme, con pesanti conseguenze anche sugli anni a venire”.

“Gli strumenti di protezione ci sono già”
Le associazioni firmatarie ribadiscono che la tutela della salute delle lavoratrici e dei lavoratori “rappresenta un obiettivo primario ed indiscusso”, ma “proprio per questa ragione negli ambienti di lavoro sono state introdotte chiare regole di tutela comportamentali atte a evitare i contagi”, ad esempio “ad esempio, l’obbligo della mascherina, le distanze, l’installazione di divisori tra le postazioni, l’invito a ricorrere al telelavoro, ecc”. Quindi, “laddove esistono chiare ed efficaci regole non è opportuno introdurre divieti generalizzati di attività”. Divieti che, si legge, “non otterrebbero infatti comunque l’obiettivo dichiarato e, per contro, causerebbero pesanti e preoccupanti effetti collaterali alla nostra economia e ai posti di lavoro”.

“Nuove misure? Neanche quelle attuali sono efficaci”
I firmatari sollevano inoltre dubbi sull’efficacia di ulteriori misure visto che dopo le chiusure attuali “non si notano purtroppo effetti rilevanti sulla curva dei contagi”. Per questo si ritiene sproporzionato un lockdown per le attività “non indispensabili”, “anche perché non si ravvisa un chiaro criterio per stabilire quando un’attività non sarebbe indispensabile”. Infine, concludono, “Nemmeno nella primavera dello scorso anno, durante la prima ondata, la Svizzera ha optato per un lock down generalizzato e totale; anche attualmente paesi come la Germania o l’Inghilterra permettono lo svolgersi di numerose attività professionali”.

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