
“Uno scambio produttivo” così la presidente della confederazione Karin Keller-Sutter ha commentato l’incontro che si è svolto giovedì a Washington con il Segretario al tesoro statunitense per cercare un accordo sui dazi imposti, e per il momento congelati, dal presidente Trump.
Dall'altra parte del mondo, invece, Ignazio Cassis, consigliere federale a capo del Dipartimento federale degli affari esteri (Dfae), ha incontrato il suo omologo cinese Wang Yi ed ha affermato che Cina e Svizzera "vogliono risolvere il problema dei dazi attraverso il dialogo". Il ministro degli esteri elvetico ha anche sottolineato l'importanza "di aggiornare l’accordo di libero scambio con Pechino per rafforzare le condizioni quadro per le imprese sul posto e la competitività svizzera".
"La strategia è giusta"
L'offensiva rossocrociata "è giusta", secondo Luca Albertoni, direttore della Camera di commercio del Canton Ticino. "Si cerca di mettere in evidenza quanto sia importante la Svizzera per gli Stati Uniti", ha spiegato a Ticinonews.
"Lo stile di Trump non è una novità"
L'approccio di Trump "non deve stupire più di quel tanto, perché utilizza un sistema manifestamente duro per ottenere anche altre cose. Quindi bisogna abituarsi al suo stile, ma non è una novità". In altre parole, "cambiano i toni e i modi, ma nelle trattative internazionali ci si scontra quasi sempre con attriti molto forti, che magari non vengono comunicati in maniera così brutale come avvenuto negli ultimi mesi".
"Dobbiamo giocare su tutti i campi"
Gli incontri negli Stati Uniti e quelli in Cina. "Noi", continua Albertoni, "dobbiamo giocare su tutti i campi, anche perché vista la nostra posizione è difficile fare delle scelte di campo nette. Il fatto che si cerchi di avere un approccio costruttivo verso Pechino è giusto, perché si tratta di un partner commerciale importante e l'accordo di libero scambio che abbiamo con loro andrà migliorato. Bisogna quindi fare questo gioco di equilibrismo e non possiamo permetterci di essere esclusivi a priori da partner commerciali importanti".
"C'è preoccupazione"
Le aziende ticinesi "sono preoccupate per questa situazione, ma non c'è panico". Le ditte "stanno valutando delle alternative, ma non è facile perché sostituire un mercato importante come quello statunitense non è possibile, soprattutto in tempo brevi". Insomma, conclude Albertoni, "bisogna tenere i nervi saldi e cercare di capire cosa succede, prima di prendere decisione che potrebbero risultare avventate".