
Quella di quest’anno è una Pasqua all’insegna di una serie di tensioni internazionali, e cade nel bel mezzo di settimane caratterizzate da grandi discussioni incentrate sul riarmo, Europa compresa. Ma anche senza voler utilizzare queste armi, il riarmo è accettabile in una prospettiva cristiana? “In una prospettiva cristiana c'è sempre lo scopo della pace e del dialogo, dunque se le armi prendono il primo posto, come linguaggio che si indirizza all'altro, ecco che allora non va”, afferma Alain de Raemy, amministratore apostolico della Diocesi di Lugano. In questo senso, parlare di peccato non è quindi sbagliato. “Se le armi e i relativi costi portano una parte della popolazione a soffrire allora sì, è un'ingiustizia”.
Giubileo, "Un'occasione di rilancio"
De Raemy è appena rientrato da un pellegrinaggio a Roma, dove era accompagnato da 150 fedeli ticinesi. Per quanto riguarda le condizioni di salute del Papa, la preoccupazione è molta, ed è condivisa anche dall’amministratore apostolico. “Naturalmente nessuno può non essere preoccupato se una persona soffre. I suoi problemi respiratori sono gravi, e questo mette un po’ di angoscia. Dunque, la nostra è una condivisione della sua sofferenza, ma pensiamo che abbia ancora la testa per continuare a dirigere la Chiesa”. Il 2025 è l'anno del Giubileo, che significato ha questa ricorrenza per la Chiesa ticinese? “Come per tutta la Chiesa c'è l'occasione di un rilancio, ma anche per capire meglio dove possiamo essere presenti in maniera più efficace, profonda e aperta”.
Sempre meno fedeli? “No, i giovani stanno tornando”
Nel 2022 – indicavano i dati dell’UST - la popolazione senza appartenenza religiosa in Svizzera ha superato per la prima volta la quota di cattolici. Si sa che la secolarizzazione è un fenomeno che va avanti da secoli, ma fino a che punto proseguirà? “Non credo si tratti di una secolarizzazione totale, perché se uno non riconosce di appartenere a una chiesa precisa non significa che non abbia alcuna preoccupazione spirituale o un gruppo in cui si ritrova con altre persone per capire il senso della vita e entrare in rapporto con Dio, in un modo o nell’altro”, sostiene de Raemy. “C’è infatti stata un'analisi cartografica del Ticino che dimostra come la maggioranza di queste persone abbia ancora il bisogno di ritrovarsi con altri dal punto di vista dell'approfondimento spirituale”. Si tratta in ogni caso di un allontanamento dalla Chiesa cattolica. La colpa è forse dell’Istituzione stessa? “No. In tutta l’Europa, in particolare in Francia, si nota una ripresa dell'interesse dei giovani per la Chiesa cattolica. Viene infatti percepita una partecipazione aumentata al mercoledì delle ceneri e a tutti gli eventi della Pasqua, compreso il digiuno. È un fenomeno che colpisce, e arriva dai giovani. Viene promosso anche sui social”.
Catecumeni in crescita in Ticino
Se in Francia dal punto di vista dei fedeli si va in positivo, in Ticino per il momento la situazione è ancora diversa e questo ha anche delle conseguenze molto pratiche e terrene. Sappiamo che ci sono ad esempio delle difficoltà anche finanziarie da parte delle parrocchie. “Ma penso che anche qua in Ticino ci sia una ripresa, anche a livello di catecumeni adulti che si interessano al battesimo e alla cresima, che non avevano fatto da bambini. I numeri quindi crescono anche qui”.
"Il Santo Padre vuole che vada avanti"
Per quanto riguarda il futuro di de Raemy a Lugano, al momento, non ci sono cambiamenti. “Il Santo Padre continua a dire che devo andare avanti”. In conclusione il vescovo di Lugano ha fatto il suo augurio pasquale. “Penso che il Venerdì Santo sia importantissimo, perché il cardinale Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, ha appena detto che la situazione a Gaza non è solo una catastrofe, ma anche una vergogna. E noi, guardando al crocifisso e a Cristo che sta soffrendo, vediamo la sofferenza non di una persona, ma quella del mondo che si ritrova in lui. La situazione concreta a Gaza, con ingiustizie e vergogne, la vedremo sulla croce con Cristo. Celebrando la resurrezione a Pasqua saremo molto coscienti che questo implica in noi un impegnarsi per la pace, perché non si facciano solo degli acquisti di armi, ma che si acquisti maggiormente il senso del compromesso quando serve la pace”.