I discorsi d’odio, ossia la denigrazione di persone in base a certe caratteristiche sociali, si diffondono sempre più via Internet. Un esempio recente sono i commenti apparsi su Facebook, che suggerivano di sparare contro i migranti, come avvenuto a Balerna nel 2004 contro una roulotte di nomadi. Ma anche la crisi in Medio Oriente ha innescato casi di antisemitismo online e non solo. Il problema è riconosciuto anche dal Consiglio federale, che in questi giorni ha adottato un rapporto su questo fenomeno che sempre più spesso si diffonde tramite piattaforme come Facebook, X, Youtube o TikTok. “Gli strumenti usati dalle piattaforme oggi sono decisamente carenti”, commenta il giornalista informatico Paolo Attivissimo. “Un esempio: il numero di moderatori per la lingua italiana su Meta è inferiore alle 200 unità. Decine di milioni di utenti mandano ogni giorno decine di milioni di messaggi. Una marea di informazioni di cui deve occuparsi questa piccola unità. A questo si aggiunge il fatto che molto spesso i messaggi d'odio non sono espressi con parole chiare, ma sono raccontati attraverso suggerimenti, in frasi dette e non dette e riferimenti culturali che il moderatore non sempre riesce a cogliere".
Regolamentare le piattaforme online
L’obiettivo della Confederazione è di regolamentare le piattaforme online, rafforzando i diritti degli utenti e allo stesso tempo imporre loro degli obblighi di diligenza per quanto riguarda la diffusione di contenuti illegali. Una delle possibilità è quella di offrire agli utenti opzioni di segnalazione semplici. Altri paesi si sono già mossi dal profilo giuridico, ma secondo Attivissimo c’è un problema che riguarda le piattaforme stesse. “Quello che manca è un incentivo dei social network a ridurre i discorsi d’odio. Ci sono ricerche scientifiche e dichiarazioni di Frances Hougan, ex data scientist di Meta, che documentano che i social network vivono in gran parte alimentando l'indignazione. Postare gattini attira qualche traffico, postare qualche messaggio di odio attira molto più traffico, sia quello che è d'accordo sia quello che non lo è. Nasce quindi una discussione, si genera traffico che allo stesso tempo genera profitto. Bisogna trovare un modo per disincentivare chi vuole guadagnare monetariamente dall'odio”.
Discorso d’odio vs libertà di espressione
Manca infine un punto da chiarire, ossia come poter tracciare una linea chiara tra un discorso d’odio e la libertà di espressione? "Non c'è una regola semplice”, ribadisce Attivissimo. “Immaginiamo che quelle parole siano riferite a noi o al gruppo a cui apparteniamo in riferimento per esempio all'orientamento sessuale, religioso o politico. Come ci sentiremmo se queste parole fossero dirette a noi? Se queste parole ci mettono a disagio, forse allora è da considerare discorso d'odio".