I due incarichi di Fabiola Gnesa, magistrato dei minorenni e contemporaneamente presente in seno al Consiglio di amministrazione di IPCT e nella Commissione di esperti in caso di abusi sessuali in ambito ecclesiale presso la Curia vescovile di Lugano, sollevano “problemi di compatibilità”. Ne sono convinti i deputati Mps Matteo Pronzini e Giuseppe Sergi, che hanno inoltrato un’interrogazione in proposito al Consiglio di Stato.
Presenza nel CdA di IPCT
Lo scorso mese di maggio, si legge nell’atto parlamentare, la giudice Gnesa è stata rieletta nel Consiglio di amministrazione dell’Istituto di Previdenza del Canton Ticino (IPCT), nel quale già sedeva nella precedente “legislatura”. Come tutti gli altri membri del CdA di IPCT “riceve una remunerazione fissa (alla quale si aggiungono rimborsi spese e altre indennità), che deve essere considerata come salario”. E’ soggetta “ai contributi sociali e deve essere dichiarata come reddito dal punto di vista fiscale”. Resta, evidentemente, “la possibilità che il Consiglio della Magistratura l’abbia autorizzata ad assumere questa carica”.
Le domande
Alla luce di queste considerazioni viene chiesto al Consiglio di Stato se non ritiene che il mandato in seno al CdA di IPCT assunto dalla giudice Gnesa, nella misura in cui comporta un onorario fisso, sia contrario all’articolo 19 della LOG. La risposta a questa domanda “si basa su pareri giuridici o su giurisprudenza in materia?” Il Governo “ha eventualmente autorizzato (sentito il preavviso del Consiglio della Magistratura) Gnesa ad assumere il mandato in seno al CdA di IPCT?” Se sì, “quale è stato il parere del Consiglio della Magistratura?”
L’altro incarico
Anche in merito alla presenza della giudice Gnesa alla testa della Commissione di esperti in caso di abusi sessuali in ambito ecclesiale presso la Curia vescovile di Lugano, “non ci sfugge la ‘ratio’ che ha portato le autorità ecclesiastiche ticinesi a nominare alla testa di questa commissione la giudice dei minorenni”. È ormai acquisito che i fenomeni di abusi sessuali nella Chiesa “coinvolgano quasi sempre dei minori. È quindi giusto, in linea di principio, fare capo a persone competenti anche dal punto di vista del diritto dei minori”. In virtù della sua posizione quale presidente della Commissione di esperti in caso di abusi sessuali in ambito ecclesiale presso la Curia vescovile di Lugano, Gnesa “viene a conoscenza di fatti che possono avere una rilevanza penale. Dovrebbe quindi procedere, in quanto magistrato, a una denuncia immediata delle persone indiziate di avere commesso abusi sessuali”.
Le questioni sollevate
La Curia, proprio attraverso la Commissione, “rivendica e pratica una sorta di ‘diritto di prelazione’ nel trattare questi casi. Non vogliamo qui entrare nelle motivazioni addotte dalla Curia, ma diventa oggettivamente delicata la posizione di un giudice civile che presiede una commissione di esperti che lavora a stretto contatto (pur non essendone direttamente coinvolta) con le persone di contatto per il sostegno alle vittime”. È difficile credere “che non siano messi a conoscenza di eventuali denunce”. In merito a quanto scritto, gli interroganti chiedono all’Esecutivo se non ritiene che la presenza della giudice Gnesa in seno alla Commissione di esperti in caso di abusi sessuali in ambito ecclesiale presso la Curia vescovile di Lugano possa suscitare contraddizioni alla luce dell’articolo 27 della LOG. La risposta a questa domanda “si basa su pareri giuridici o su giurisprudenza in materia?” Si domanda inoltre al Consiglio di Stato se non ritiene che, al di là delle questioni puramente giuridiche, "questa presenza sia discutile dal punto di vista dell’opportunità politica". Prima di assumere questo incarico, “Gnesa ha chiesto l’autorizzazione al Governo (sentito il parere del Consiglio della Magistratura)? Se sì, qual è stato il parere del Consiglio?” Non solo: Pronzini e Sergi chiedono al Consiglio di Stato se sia al corrente che l’indirizzo elettronico professionale della giudice Gnesa (@ti.ch) è indicato quale indirizzo ufficiale sulla pagina della commissione ecclesiastica sul sito della Curia e se non pensa che sia “un utilizzo improprio” dell’indirizzo. Se sì, considera – come è stato fatto in altri casi – “di dover aprire un’inchiesta amministrativa per l’uso improprio?”