Ticino
È inevitabile la violenza nello sport?
Marco Jäggli
4 anni fa
La recente rissa nella partita tra Semine e Locarno ha riacceso il dibattito sulla violenza nello sport, specialmente nelle leghe minori. Come riuscire a conciliare competizione ed emotività sana? Ce ne parla lo psicologo dello sport Giona Morinini

A volte sembra un fenomeno nuovo, ma episodi di violenza nello sport ci sono sempre stati, anche più di oggi. La recente partita tra Semine e Locarno, interrotta per rissa, ha portato nuovamente ad interrogarsi sul binomio violenza e sport, spesso legato alla pressione. È un binomio che si può sciogliere? Ticinonews lo ha chiesto a Giona Morinini, psicologo dello sport: “La competizione porta con sé un aspetto agonistico con la sua volontà di avere la meglio sull’altro. Già i piccoli fanno atletica perché vogliono correre più veloce del compagno o per fare goal. Quello che penso sia fondamentale è da una parte far sì che questo agonismo sia orientato verso riuscire a dare il meglio di sé e soprattutto che sia all’interno di certe regole, con dei limiti e con la consapevolezza che non tutto è lecito. Il binomio sport e violenza va quindi separato, soprattutto in un contesto amatoriale e di formazione dei giovani”. Questo perché “è importante che lo sport sia un momento in cui si impara a stare con gli altri e a gestire le proprie emozioni, ma per fare questo ci vogliono persone che ce lo insegnino e accompagnino in questa direzione. I mezzi ci sono”.

“Scegliere che calcio promuovere”
Proprio per questo, spiega Morinini, “l’episodio di qualche giorno fa dev’essere quindi un’ulteriore motivazione per cercare di lavorare e creare un contesto dove si possa godere di una partita di calcio, anche con dei bambini, indipendentemente che si possa vincere o perdere”. Sembra però a volte che la pressione, con club che a volte investono anche soldi su alcuni giocatori e puntano alla promozione, abbia sostituito un calcio di aggregazione e di divertimento. Si può ricreare quel calcio? “Il calcio può essere in tanti modi diversi, la cosa importante è che chi è a capo decida che calcio vuole promuovere. Se si vuole promuovere il tipo di calcio che proponevi tu, con l’aggregazione e lo svago, è importante definire bene come si vuole arrivare a questo e mettere delle sanzioni per chi non lo rispetta. Io sono convinto che anche coloro che manifestano dei comportamenti aggressivi come quelli mostrati prima non siano cattive persone, sono persone che a un certo punto, presi dalla carica emotiva, non si rendono conto di che accade attorno e poi vanno oltre le righe. Penso sia compito di chi gestisce questo contesto spiegare bene cosa si vuole ottenere e dare gli strumenti ai ragazzi per andare in questa direzione, senza paura che poi si finisca coinvolti in qualche rissa”.

Si può parlare di disagio sociale?
Ma si può parlare di disagio sociale dato che è un fenomeno anche datato? “Sì, poi per disagio sociale bisogna vedere cosa si intende”, risponde Morinini, “nello sport si portano spesso tutte le frustrazioni della settimana e quindi bisogna prenderlo con le pinze. Io penso che questo abbia a che fare proprio con l’aspetto emotivo: si va oltre le righe quando a un certo punto si attiva forte un’emozione, e fisiologicamente quando questo succede si inibisce la parte razionale del cervello. Quello che bisogna fare è dare gli strumenti per gestire questo aspetto e soprattutto gestire a cogliere questi episodi prima che diventino troppo intensi e quando ancora sono controllabili”.

Il pericolo dell’evitamento
Tanti genitori ora non mandano i loro figli a giocare proprio perché si creano queste dinamiche, cosa ne pensa? “Questo è il rischio, e mi dispiace tantissimo”, spiega Morinini, “io credo fortemente che lo sport possa essere un ambiente in cui si sta bene e si fanno bellissime esperienze ma non è scontato. Quello che mi dispiace è quando si lascia trapelare l’idea che non ci si può far niente e ogni tanto qualche scazzottata succede. Io invece credo che si possa fare qualcosa e chi porta i propri figli e le proprie figlie a giocare a calcio deve avere la sicurezza che chi è nel contesto sportivo faccia di tutto per evitare la violenza e promuovere una situazione dove si può star bene insieme. E questo è possibile”.

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