
Nella sua prima intervista pubblica da quando ha lasciato il Tribunale penale cantonale, concessa a La Domenica, Mauro Ermani racconta come ha vissuto gli ultimi mesi, cercando l'isolamento in montagna, staccando il telefonino e non leggendo più i giornali. Ma soprattutto ha concesso le sue riflessioni sulla vicenda che lo ha coinvolto personalmente. "Non sono stati mesi facili", ammette. "Ma ho svolto la mia attività professionale come ho sempre fatto. Badi bene: in tutta questa vicenda non mi è mai stata rivolta una sola critica professionale. Zero. Neanche dai miei più acerrimi nemici. Per me è fondamentale".
Critiche a politica e stampa
L'ex presidente del TPC non risparmia comunque critiche. "In tutta questa vicenda la politica e certa stampa hanno messo le mani e i piedi sulla magistratura, violando il principio fondamentale della separazione dei poteri. Sono arrivati a modificare la legge e pretenderne l’applicazione retroattiva, in oltraggio anche al principio della sicurezza del diritto". Stando a Ermani i conflitti all'interno del Tribunale sono quindi stati strumentalizzati. "Da un problema tra segretarie si è arrivati a sconquassare l'intero Tribunale".
Quell'immagine inviata alla segretaria
Riguardo all'immagine che ritrae una donna in mezzo due falli di plastica e la scritta 'ufficio penale', inviata a una segretaria, Ermani dice: "A posteriori evidentemente non rinvierei quell’immagine. Il mio errore è stato fidarmi. Ma il danno alla magistratura non l’ho fatto io: semmai chi ha reso pubblica quell’immagine, decontestualizzandola per creare un caso”. Sulla vicenda il procuratore straordinario ha emesso un decreto d'abbandono per il reato di pornografia, ricorda Emani: "Era un gioco di parole legato a uno sketch. Lo stesso procuratore straordinario l’ha ritenuta una semplice gag. Una conversazione privata, non di natura sessuale, avvenuta fuori dall’orario di lavoro".
Il ruolo della politica
Per Ermani, votato in quota socialista, la vicenda è stata dunque strumentalizzata a fini politici. "Io come magistrato non ho mai piegato la testa davanti alla politica. Per questo probabilmente sono stato oggetto di attacchi personali - non professionali, lo ribadisco - perché qualcuno aveva l’interesse a farmi fuori. Alla fine purtroppo la giustizia ne è uscita perdente". Una giustizia che secondo Ermani deve slegarsi dalla politica. "Si possono immaginare mille riforme, ma è tutto inutile se il Gran Consiglio vuole mantenere la sua influenza. Per avere una magistratura davvero affrancata, la politica dovrebbe rinunciare ai suoi privilegi, e temo non lo voglia affatto".