"È un linguaggio abbastanza asettico e molto corretto. Fa qualche errore di sintassi e lessico, ma sono rari. Ha un modo di esprimersi molto controllato, gentile, rispettoso, ma a volte è troppo distaccato". Così il direttore della Fondazione Möbius Alessio Petralli descrive le caratteristiche del linguaggio con cui si esprime ChatGPT, il chatbot basato sull'intelligenza artificiale che sta facendo molto parlare di sé. Se n'è discusso ieri alla Facoltà di teologia di Lugano, in occasione della conferenza promossa dalla Cattedra Rosmini: “Intelligenza artificiale: evoluzione o rivoluzione?".
Come le tecnologie ci influenzano
Oltre al linguaggio, durante la conferenza si è parlato di come le nuove tecnologie stiano influenzando le nostre vite tra paure e opportunità. Il punto di partenza è stato un libro, intitolato “Uomini che amano i chatbot. Questo libro non l’ha scritto ChatGPT”, realizzato dagli esperti di intelligenza artificiale Canzio Dusi e Gianluigi Bonanomi, che hanno preso parte al dibattito. "Lo abbiamo intitolato così poiché c'è una cappa di negatività attorno all'intelligenza artificiale per varie problematiche per questo strumento potente e ancora poco conosciuto”, spiega Gianluigi Bonanomi, formatore e consulente comunicazione digitale e AI generativa. “Ma c'è anche un messaggio di positività: sono un tecnico entusiasta e l'obiettivo è di mandare un messaggio d'amore". Una delle paure, secondo Bonanomi, è proprio quella di trovarsi confrontati con qualcosa di più intelligente di noi. "Abbiamo sempre usato strumenti per superare i nostri limiti, per esempio l'auto per andare 130 km/h e non a 5 km/h quando camminiamo. Arrivare ad avere uno strumento che promette in futuro di essere più intelligente, più svelto ed efficiente di noi, può essere un problema se ne perdiamo il controllo".
Le opportunità
Ciò che i due autori vogliono far passare è però il messaggio che questa tecnologia porta con sé moltissime opportunità e che disponiamo degli strumenti per affrontare le sfide che ci aspettano. "Ci sono opportunità in molti modi", spiega Canzio Dusi, scrittore e Operation Manager Azcom. “Nel normale mondo impiegatizio credo che chiunque abbia il desiderio di avere un assistente che abbia la conoscenza di tutti i documenti della propria azienda, come se fosse un collega anziano che sa tutto ed è sempre disponibile. Ci sono poi dei settori in cui le possibilità sono impressionanti: nel settore medico permette di evidenziare delle anomalie che mai nessun uomo riesce a vedere. In una radiografia, per esempio, una volta che viene evidenziata un'anomalia serve poi il medico, l'uomo, che capisce con la sua esperienza se è pericolosa o no. Ma quello che riescono a vedere gli strumenti di intelligenza artificiale nessuno uomo riesce a farlo”. D’altronde, l’intelligenza artificiale generativa ha bisogno sempre di uno spunto che parta dall’essere umano. "La domanda che ci si pone”, aggiunge Dusi, “è se l'intelligenza artificiale ha creatività assoluta, quindi se è in grado di inventare cose completamente nuove e in questo modo soppiantare la necessità di avere delle persone che inventano. In realtà no. L'IA non ha ancora inventato nulla".
Krienke: "Anche chi non utilizza l’IA subisce le trasformazioni sociali che questa tecnologia comporta”
L’evento ha riunito tante persone. Un pubblico variegato, per un tema che ormai non interessa più solo gli addetti ai lavori. “Queste ripercussioni le sentiamo tutti e anche chi non utilizza l’IA subisce comunque le trasformazioni sociali che questa tecnologia comporta”, conferma a Ticinonews Makcus Krienke, direttore della cattedra Rosmini preso la facoltà di teologia all’USI. “Abbiamo avuto anche ospiti anziani, che non sanno nemmeno cosa sia, però, siccome sentono che la società sta cambiando a una velocità incredibile, a ritmo appunto dell’IA, hanno partecipato perché volevano approfondire e comprendere, e quindi anche capire qualcosa di loro stessi”.
"Le domande etiche rimarranno"
Sulle questioni legate all'intelligenza artificiale vi sono anche delle tematiche etiche. Ieri sono state sottolineate le opportunità di questa tecnologia, come mai andrebbe utilizzata e perché, in fin dei conti, molte paure sono ingiustificate. Tuttavia "dei rischi ci sono. Non si può far finta che queste tecnologie scioglieranno i problemi del nostro futuro", prosegue Krienke. Infatti "anche se verranno risolte tutte le questioni tecniche, le domande etiche alla fine rimarranno: come faccio a decidere e ad assumermi delle responsabilità, che cosa significa essere un cittadino informato e quindi autonomo, cosa vuol dire formarsi una coscienza critica..." Tali quesiti "non potranno essere risolti semplicemente chiedendo a Chat GPT di fornire la risposta, perché alla fine se noi adoperiamo tale risposta, questa rimane un'immensa scelta nostra". In fin dei conti, "forse proprio l'utilizzo delle tecnologie e i rischi che comportano, ci faranno tornare ancor più di prima alle nostre domande etiche e antropologiche".