Le ultime misure restrittive annunciate oggi dal Consiglio federale soddisfano in parte il presidente del Consiglio di Stato ticinese Norman Gobbi, che sperava in qualche risposta in più riguardo ai controlli alle frontiere. “Da un lato è da salutare il fatto che vengono applicate misure sull’intero territorio nazionale. Ma rilevo che, a livello nazionale c’è preoccupazione per una ripartenza in quei Cantoni in cui ci sono state delle chiusure (come in Romandia). Questo preoccupa l’autorità federale e sono stati annullati eventi di carattere nazionale e internazionale, come la gara del Lauberhorn di Coppa del Mondo, che hanno probabilmente influito su una percezione di un problema che è più sensibile in Ticino rispetto alla Svizzera tedesca”.
Per quanto riguarda la questione delle frontiere, Gobbi sottolinea che non sono arrivate rassicurazioni: “Altri paesi chiedono a chi proviene dalla Svizzera dei tamponi per certificare che non siano positivi. La Svizzera su questo fronte continua a rimanere silente. Scriveremo ancora una lettera al Consiglio federale, segnalando questa realtà. Inoltre se l’Italia dovesse riaprire prima della fine di febbraio, dovremo fare dei controlli proprio per evitare di vanificare gli sforzi che chiediamo alla nostra popolazione”.
Per quanto riguarda l’obbligo del telelavoro, diventa difficile controllare che venga rispettato. “L’obbligo è formulato, ma se leggiamo come attuarlo diventa una forte raccomandazione (se possibile, dove, come e quando)” spiega Gobbi. “Per questo abbiamo sempre ribadito che la miglior soluzione è la forte raccomandazione: in Ticino è stato fatto e vediamo come in questi giorni vi sia molto meno traffico”. Non sono comunque previsti maggiori controlli. “Non sta tanto alla polizia farlo, ma all’ispettorato del lavoro e alle commissione paritetiche. Ma sta soprattutto al buon senso del datore di lavoro e dei collaboratori rispondere a questa sfida”.
Sui rapporti con il mondo sanitario, che ieri ha inscenato una protesta dimostrativa esponendo sui balconi camici bianchi, Gobbi sottolinea che il dialogo prosegue. “Ci siamo confrontati sui punti di vista, al di là degli appelli. L’autorità politica è al centro di tutti i punti di vista e deve considerarli tutti. Abbiamo cercato di veicolare l’aspetto di cui c’è bisogno: dare fiducia e certezza. La prospettiva del Consiglio federale è comunque un miglioramento: dice cosa vuole fare nelle prossime settimane, dando tempo alle attività commerciali di organizzarsi. Per chi è già oggi in chiusura è una prospettiva lunga e gli aiuti in messi campo non risolveranno tutti i problemi perché purtroppo posti di lavoro o alcune attività non ci saranno più dopo la riapertura”.
In Ticino confermate la presenza di quattro casi di variante
Dal canto suo il consigliere di Stato Raffaele De Rosa non ha mai fatto mistero della sua posizione orientata a una linea più dura e ha quindi accolto con una certa soddisfazione le misure annunciate da Berna. “Condivido appieno l’analisi sulla situazione epidemiologica, che rimane molto tesa. Gli ospedali sono sotto pressione, nonostante negli ultimi giorni c’è stato un rallentamento dei contagi e delle ospedalizzazioni. Inoltre c’è una grande certezza in relazione alle varianti, che sono molto più contagiose fino al 70%”. In Ticino, aggiunge De Rosa, ci sono tre casi di variante inglese e un caso della variante sudafricana. Un quinto caso è in fase di accertamento. “Il problema di queste varianti è che sono molto pù contagiose e questo non ci permette di affrontare un’eventuale terza ondata proprio perché le strutture sono già sotto pressione.
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