Elezioni USA
Fra preoccupazioni e soddisfazione. Le reazioni della politica ticinese dopo il ritorno di Trump
Redazione
9 ore fa
Dopo l'elezione di Donald Trump, alcuni rappresentanti dei principali partiti ticinesi esprimono opinioni contrastanti sull'elezione. I Verdi sono delusi, i socialisti si mostrano più moderati mentre democentristi e leghisti sono sorpresi ma felici. PLR e Centro dal canto loro si dicono preoccupati. Tutti però concordano sul carattere controverso di Trump e sull'importanza di un'analisi approfondita delle strategie politiche.

Fra delusione e soddisfazione, insegnamenti da cogliere e auspici in vista dal futuro, anche la politica ticinese reagisce all'elezione di Donald Trump, personaggio controverso ma a detta di molti col pregio di avere un programma politico più chiaro rispetto alla rivale Kamala Harris. Ticinonews ha quindi voluto far un giro di voci sulle Presidenziali statunitensi interpellando alcuni esponenti dei principali partiti ticinesi, iniziando con Nara Valsangiacomo dei Verdi, che non nasconde la sua delusione per l'elezione di Donald Trump.

Valsangiacomo: “Verso un’evoluzione preoccupante della protezione ambientale”

“È un peccato, un'occasione persa. Le politiche della presidenza Biden-Harris avevano portato delle misure concrete per raggiungere gli obbiettivi della politica climatica. Io penso soprattutto in questi termini. Il ritorno di Trump significherà non solo dei passi indietro in termini di politica climatica - lo ha già annunciato - ma anche delle misure che aveva già messo in atto nel suo primo termine che riguardavano portare indietro le politiche della tutela dell'ambiente del suolo, dell'acqua e dell'aria. Vedremo un'evoluzione molto preoccupante dal punto di vista della protezione dell'ambiente".

Branda: “Il tema dell’immigrazione è un combustibile fenomenale”

Più moderato, restando a sinistra, il giudizio del socialista Mario Branda, anche perché non sorpreso dall'esito delle urne. “Un risultato tutto sommato immaginabile, forse non in queste proporzioni e con questa nettezza con cui si è poi rivelata. Devo dire che i fattori possono essere molteplici - e lo sono -, però in politica il tema dell'immigrazione, della sicurezza e dei confini rimane sempre un combustibile fenomenale dal punto di vista di una campagna elettorale. Specialmente quando si è confrontati, come capita anche in America, con una popolazione anche in difficoltà o che sta subendo degli importanti processi di trasformazione.

Morisoli: “Chi ha condotto questo quadriennio deve piangere se stesso”

Ad essere invece sorpreso è il democentrista Sergio Morisoli, secondo cui un ritorno di questo genere, quindi di un ex presidente, “non sia mai successo prima nella storia, o perlomeno non nei recenti secoli. Per cui è una sorta di rivincita, ma si tratta soprattutto di un popolo che non ha mollato durante un quadriennio disastroso: quello condotto dai democratici. Quindi penso che chi ha condotto questo quadriennio deve rimpiangere se stesso per come lo ha condotto, perché il risultato lo abbiamo visto”. E questo nonostante una politica meno protezionistica rispetto a Trump. Non si tratta dunque di una contraddizione per un liberale convinto?  “Dal mio punto di vista il protezionismo – anche se non mi piace - è uno strumento di ritorno da sfoggiare, perché il mondo non sta andando verso un mondo liberale o liberista o di liberi mercati. Ognuno fa i propri interessi e quando quelli commerciali non bastano, ecco che arrivano anche quelli militari come stiamo vedendo. Io penso che questo protezionismo (che può essere di breve o media durata) sia una soluzione per un continente grande come l'America, che è chiamato a giocare un ruolo di primo ordine a livello mondiale, quindi è una formula economica che sul momento può pagare”.

Gobbi: “Una presidenza positiva per l’economia, anche europea”

Un'elezione, quella di Trump, che soddisfa anche il leghista Norman Gobbi. “Sicuramente potrà dare degli spunti positivi, penso in particolare anche a una risoluzione del conflitto in Ucraina dato che il Cremlino si è detto disposto a sedersi a un tavolo di pace. Quindi credo che sia davvero una delle prospettive principali, perché se l'Europa è destabilizzata dai conflitti ecco che ne patiscono soprattutto gli europei e di conseguenza anche la Svizzera. Perciò credo che questa presidenza sia positiva, da un lato per l'economia americana, ma poi di riflesso anche per la realtà socio-economica europea, spero”. Ma se avesse potuto, avrebbe votato Trump o Harris? “Avrei votato per Trump, perché incarna molto di più i miei valori e talvolta ha dei atteggiamenti sopra le righe, ma questo fa parte del personaggio”.

Speziali: “Il presidente deve unire. Trump è una scelta problematica”

Un personaggio che Alessandro Speziali del PLR e Maurizio Agustoni del Centro valutano esattamente allo stesso modo. Per Speziali è chiaro “che nella nostra percezione è un personaggio estremamente controverso. Ha un linguaggio e un atteggiamento che alle nostre latitudini sarebbero inaccettabili. Certo, rappresenta l'anima di una larga parte dell'elettorato americano, ma ci si può aspettare l'elezione di un personaggio simile magari nel Parlamento. Il presidente deve essere anche una persona che unisce e riunisce attorno alle istituzioni. Abbiamo invece visto negli ultimi anni che le istituzioni le ha sfidate. Quindi, da questo punto di vista, è innegabilmente problematica la scelta. Però stiamo a vedere, non facciamo il processo alle intenzioni, vedremo soprattutto nella concretezza cosa avrà da dimostrare”. Speziali ha poi voluto aggiungere che “il partito democratico deve interrogarsi parecchio perché sia sulla persona che i temi è stato sbagliato parecchio. Ogni tanto il centro sinistra si perde in battaglie di società che interessano poco e l'elettorato decide altrove”.

Agustoni: “Chi si candida solo per fare opposizione non suscita entusiasmo”

Agustoni dal canto suo ritiene che lo scrutinio di oggi “insegna anche che chi si candida solo per fare opposizione a qualcun altro (o come alternativa a qualcuno) senza proporre un suo progetto, difficilmente riesce a suscitare l'entusiasmo dell'elettorato e forse questo è la motivazione principale per cui Harris non è stata eletta quale presidente degli USA”.

 

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