L'intervista
Gaza, Grossi scrive al Consiglio federale: “Ascoltate la vostra coscienza”
© Gianluca Grossi
© Gianluca Grossi
13 giorni fa
Il reporter di guerra ticinese Gianluca Grossi ha scritto una lettera ai consiglieri federali Viola Amherd, Ignazio Cassis e Beat Jans per chiedere di compiere un gesto di umanità nei confronti di una famiglia di Gaza "che ha perso tutto".

“Mi rivolgo a voi, gentile signora Amherd e gentili signor Cassis e signor Jans, esortandovi a compiere un gesto di umanità. Che parola, nevvero, l'umanità... Sembra essere stata consegnata al dizionario degli arcaismi, delle parole non più in uso, che non hanno più un significato. Sembra, addirittura, una parolaccia. Non lo è. È ciò per cui la Storia ci ricorderà, vi ricorderà. Ci giudicherà. E vi giudicherà”. È un estratto della lettera che il reporter ticinese Gianluca Grossi giovedì ha inviato all’indirizzo del Consiglio federale.

“Cosa mi rimaneva da fare?”, ha spiegato il giornalista a Ticinonews. “Quale altra possibilità aveva un reporter che per molti anni ha raccontato la Striscia di Gaza e la sua popolazione? Cosa potevo fare dopo aver ricevuto una richiesta di aiuto diretta da parte di una famiglia che conosco e ho raccontato, ma che conosce anche il Ticino?” Il riferimento, come si legge nella missiva, è a Hussam, “che nel 2009 fu invitato a Lugano, dove gli fu donata una protesi sostitutiva di una gamba tranciata dalla scheggia di un missile israeliano mentre stava portando aiuto -nella sua funzione di pompiere- ai civili rimasti dentro un palazzo bombardato a Gaza”.

Questa famiglia ha perso tutto

Sempre sulla lettera, Grossi racconta che “oggi questa famiglia ha perso tutto. Tutto. Sono in contatto con la moglie di Hussam, Fatima, che parla perfettamente inglese e lo ha insegnato ai suoi figli. Chiede soltanto che qualcuno li aiuti a uscire da Gaza, dove non hanno più nulla: non una casa, non una scuola, non un lavoro. Zero futuro. Non si tratta di retorica giornalistica: è, al contrario, una descrizione fedele della realtà. Io non sono in grado di aiutare la famiglia di Hussam. La sola cosa che può fare un reporter di guerra è scrivere ciò che la guerra fa agli esseri umani che ne sono vittime. Questo sto facendo”.

“Ascoltate la vostra coscienza e fate qualcosa”

L’obiettivo di Grossi è “di mostrare che quanto a Gaza sta realmente accadendo è una tragedia. Mi auguro di ottenere la loro attenzione e mi piacerebbe che Cassis, Amherd e Jans leggano questa lettera e ascoltino la loro coscienza. Ma spero anche che facciano qualcosa per aiutare in qualche modo chi chiede aiuto. Chi chiede umanità”.

“Queste persone sono lasciate sole”

Gli Stati Uniti hanno da poco approvato un pacchetto miliardario di aiuti militari ed economici a Israele. “Ho ricevuto notizie di primissima mano da parte di chi è a Gaza, secondo le quali nel sud della Striscia è in corso una fuga di massa verso il centro del Paese. Decine di migliaia di persone si stanno muovendo, ma le tendopoli organizzate dalle Ong e dall’Onu non bastano. Queste persone sono lasciate sole e si devono arrangiare costruendo ripari improvvisati. A questo si aggiungono i problemi di approvvigionamento -di cui si parla da mesi- e l’impossibilità data ai bambini di andare a scuola. La situazione umanitaria è più che drammatica”.

Ucraina e Gaza, “La differenza sta nella percezione della realtà”

Verso la fine della missiva Grossi parla della pace, dicendo ai consiglieri federali che questa “per un altro conflitto sembra starvi particolarmente a cuore, ma che passa anche dalla Striscia di Gaza, attraverso una convinta militanza per l’umanità”. Un paragone non casuale. “Il riferimento è alla guerra in Ucraina. Sappiamo tutti che la Confederazione è impegnata nell’organizzazione di una conferenza di pace: Kiev è più vicino all’Europa e tutto l’Occidente è impegnato a sostenere il Paese militarmente e finanziariamente. Il Medio Oriente è lontano, è sempre stata una realtà lontana, di fronte alla quale non c’è una visibile unità di intenti. La questione umanitaria in politica conta ben poco, sono gli interessi strategici e geopolitici a pesare. In Medio Oriente la questione è lasciata nelle mani degli Stati Uniti, l’unico paese che ancora ha qualche parola da dire agli israeliani. La differenza di trattamento, insomma, non è solo geografica, ma anche di percezione della realtà”.