Lavoro
Generazioni a confronto, come costruire il futuro? Focardi: "Occorre accettare i cambiamenti"
© Ticinonews
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Redazione
3 giorni fa
La fondatrice e amministratrice delegata di XYZ@Work spiega come superare le differenze dovute all'età per ottenere un ambiente aziendale inclusivo e produttivo. "Senza la consapevolezza e il desiderio di capirsi è molto difficile collaborare".

Baby Boomer, Generazione X, Millennial e Gen Z. Come lavorare insieme? In un'epoca di trasformazioni rapide e digitalizzazione, la convivenza rappresenta una sfida cruciale per le grandi aziende. Ticinonews ne ha parlato con Rachele Focardi, esperta internazionale. “Ci troviamo in un momento storico unico. Innanzitutto, ci sono fino a sei generazioni che lavorano insieme e questo non è mai successo prima", spiega Focardi. "Abbiamo la 'Gen Z' che sta entrando nel mondo del lavoro, ma anche 'l'aIfa', composta dai ragazzi che si stanno iscrivendo all'università". In un'impresa "c'è l'aspettativa che ognuno possa contribuire, ma abbiamo fondamentalmente tutti un trascorso diverso, perché ogni generazione è stata influenzata dall'epoca storica in cui è cresciuta. Senza la consapevolezza e il desiderio di capirsi è molto difficile collaborare e quindi le aziende, invece di portare avanti progresso e cambiamenti positivi, spesso e volentieri si trovano confrontate con una situazione in cui le varie fasce di età fanno fatica a lavorare e dove questa collaborazione non sempre viene vista come un aspetto produttivo”.

La Svizzera come si pone in questa situazione ?

“Vedo un grande avanzamento per quanto riguarda questo tema. Oltretutto, in Svizzera c'è anche il famoso “Saint Gallen Simposius”, un simposio che ha più di 80 anni, organizzato dall'Università di San Gallo e concentrato proprio sul dialogo intergenerazionale. Da tempo porta quindi, ogni anno, voci giovani e importanti a parlare di quello che le generazioni devono le une alle altre, e di come possiamo risolvere tutti questi problemi che stiamo affrontando proprio attraverso la collaborazione generazionale”.

Eppure, uno studio recente ha evidenziato che quasi un dipendente su cinque della generazione z è insoddisfatto della collaborazione con quelle più anziane. Il lavoro da fare c'è comunque…

“Assolutamente sì, ma questo va in entrambe le direzioni. L'89% dei dipendenti fa fatica a lavorare con le altre generazioni e più del 90% afferma di vivere conflitti intergenerazionali quotidianamente o settimanalmente. Ciò significa che non è solo la nuova generazione a fare fatica, ma anche quelle già presenti nel mondo del lavoro. Proprio per questo motivo, secondo me, c'è bisogno di comprensione e anche di un'accettazione del fatto che le cose sono mutate. Quello che un baby boomer doveva vivere nel mondo nel lavoro - la gavetta, partire dal basso, soffrire, seguire il boss - tutto questo non esiste più. Le nuove generazioni vogliono entrare nelle aziende e avere un impatto, essere seguite e sostenute, in un ambiente lavorativo dove poter sviluppare i loro interessi, cambiare il mondo e diventare cittadini felici. Si aspettano questo e ovviamente per le generazioni già presenti è difficile, perché noi abbiamo vissuto una realtà completamente diversa”.

Ci sono magari dei luoghi comuni, malintesi, pregiudizi reciproci tra le diverse generazioni?

“Parliamo spesso delle nuove generazioni come di fragole che si ammaccano facilmente perché non hanno la forza e la resilienza di quelle precedenti. Questo non è vero: le nuove generazioni stanno crescendo in un mondo che non è mai stato così complesso e quindi stanno attraversando una serie di difficoltà che le altre non possono capire, perché non ci sono passate. Le fasce d'età più anziane sono invece accusate spesso e volentieri di essere resistenti ai cambiamenti, di non volere mutare lo status quo, di essere individualiste e non collaborative. Ma anche questi aspetti non sono veri. Per questo secondo me è importante capire che quando non c'è comprensione, quando non capiamo i contesti da cui ogni generazione è nata e cresciuta, è facilissimo cascare nello stereotipo negativo”.

C'è anche un'altra faccia della medaglia, laddove politiche di inclusioni generazionali funzionano o almeno ci si sta provando. Ci può portare un esempio positivo?

“Ho lavorato con baby boomer leader fantastici i quali, rendendosi conto che per avviare una trasformazione non basta agire come si faceva un tempo, hanno creato team multi generazionali dove tutti sono allo stesso livello, indipendentemente dall'età o dall'esperienza, e l'idea è proprio quella di trovare soluzioni assieme. Ci sono anche aziende che hanno creato le cosiddette ‘shadow boards’, ovvero, hanno preso una ventina di ragazzi giovani che sono nell'azienda da non più di un anno e li hanno messi a lavorare accanto al consiglio di amministrazione. In questo modo le decisioni strategiche non vengono prese solo dalle generazioni più vecchie, che sono anche in molti casi quelle più lontane dai consumatori, bensì concordate insieme a quelle più nuove. E in questo processo c'è anche uno scambio bidirezionale in cui io, giovane, ti insegno come usare la tecnologia in maniera efficiente, come pensare i problemi diversamente, come avvicinarsi al consumatore di oggi. Viceversa tu, come dipendente più anziano, mi illustri come lavorare con i clienti, come attraversare la politica aziendale o cosa imparare dell'industria, e in questo scambio c'è un'evoluzione incredibile".

L'intervista a Rachele Focardi andata in onda a Ticinonews:

 

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