Una generazione disillusa e sempre più distante dalla politica. È questo il ritratto che emerge da un recente sondaggio condotto nel Regno Unito, secondo cui il 21% dei giovani tra i 18 e i 45 anni ritiene che il miglior modo per governare un Paese sia attraverso un leader forte, senza elezioni. Non solo: quasi un ragazzo su tre è convito che votare non cambi nulla. Una distanza, quella tra giovani e politica, che non riguarda solo l’Inghilterra. Anche in Svizzera, nonostante il sistema di democrazia diretta, l’affluenza alle urne è spesso mediocre, soprattutto tra le fasce d’età più basse. Ma quali sono le cause di questa disaffezione? E cosa si può fare per invertire la tendenza? Ticinonews ha cercato di approfondire il tema. “Tra i giovani uomini, o almeno in una parte importante di loro, vediamo un certo fascino per la leadership forte", ci spiega il professore di Scienze politiche all'Università di Losanna Sean Müller. "Alcuni politici fanno campagna sui temi per cui i ragazzi auspicano dei cambiamenti, per far sì che votino per loro". Dall'altra parte, "alcuni sondaggi mostrano che una parte dei giovani (soprattutto maschi) si sentono lasciati da parte, non capendo ad esempio perché si dovrebbero inserire delle quote rosa".
La situazione in Svizzera
Venendo al nostro paese “in Svizzera la democrazia diretta funziona come una sorta di protezione contro questa personalizzazione eccessiva, perché quando si vota su un tema come le autostrade, è difficile che si parli delle persone. Non sono questioni personali", prosegue Müller. Il nostro sistema presuppone però anche un allungamento dei tempi decisionali...“Lì intravedo il pericolo più grande. Si osserva una certa centralizzazione in cui Cantoni e Comuni perdono di importanza, perché si decide sempre più spesso a livello federale. E con questa centralizzazione si allungano anche le distanze fisiche: se una norma viene decisa a Berna, noi la percepiamo come lontana. Ed è difficile spiegare a un giovane che una scelta fatta da un organo fisicamente distante è comunque importante".
Quali "correttivi"?
In futuro, la democrazia diretta dovrà dunque adattarsi "e ritrovare forse questo spirito di prossimità. Del resto, vediamo problemi anche nel sistema di milizia, dove sempre meno gente è disposta a proporsi per una carica pubblica non retribuita. Diciamo che la struttura funziona, ma gli attori devono cambiare comportamento, sforzandosi maggiormente di spiegare temi complessi quali le relazioni con l’Europa". Inoltre "si potrebbe anche pensare come includere la gente nei partiti democratici. Una volta ogni partito aveva un giornale e organizzava attività al di fuori del lavoro. Se gli schieramenti riusciranno a offrire qualcosa in più rispetto alla sola politica, potranno coinvolgere più persone e spiegare meglio determinati temi”, termina Müller.
Conte: "Occorrerebbe un'educazione alla civica più forte"
Adriano Conte, membro del comitato della Federazione svizzera dei Parlamenti giovanili, gode di un osservatorio privilegiato sui legami tra ragazzi e politica. “Nella mia esperienza, al Consiglio cantonale dei giovani, abbiamo sempre avuto un numero abbastanza alto di partecipanti", afferma Conte. "Magari alcuni non sono molto interessati a una politica più formale, ma quando arrivano ai 16-18 anni e cominciano ad avere un’esperienza diretta con i doveri dello Stato, ecco che si appassionano maggiormente a determinate tematiche". Sono però in molti a sentirsi poco rappresentati dalla classe politica. Per riavvicinare i ragazzi a questo mondo “occorrerebbe anzitutto proporre un’educazione alla civica più forte, pratica e non solo nozionistica". Inoltre "spesso i politici tendono a non interessarsi troppo ai giovani, in quanto non sono parte del loro elettorato. Tuttavia, mostrare un’attenzione maggiore nell’ascolto e nel dialogo con queste fasce dimostrerebbe che c’è un interesse da parte dello Stato nei confronti dei giovani”, conclude Conte.
Le opinioni dei giovani raccolte da Ticinonews: