Abilitazione Dfa
I futuri docenti rimasti senza lavoro, "È un biglietto d'accesso al precariato"
©Chiara Zocchetti
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Redazione
6 ore fa
I tredici abilitandi di italiano coinvolti nel "caso scuola", i quali hanno iniziato un percorso di formazione ma non avranno un posto di lavoro il prossimo anno scolastico, hanno preso posizione. ""Ci chiediamo se siano state predisposte delle soluzioni concrete per risanare l'attuale situazione, che era nota".

"Formarsi al Dfa e non trovare lavoro in Ticino alla fine del percorso". Potrebbe essere questo il riassunto del "Caso docenti", che vede 13 aspiranti professori di italiano senza la garanzia di alcuno sbocco professionale al termine dell'abilitazione per il medio-superiore. Sul tema si è espressa dapprima la politica, poi è arrivata la presa di posizione firmata da 62 docenti e ora quella dei diretti interessati. "La mancanza di trasparenza, che si rivelerà essere un motivo costante lungo tutta la formazione, inizia da subito: non solo fino al primo giorno di formazione non è chiaro quante persone siano state ammesse, ma la posizione nelle graduatorie è inspiegabilmente comunicata solo ai candidati non ammessi e non viene mai resa pubblica", scrivono. "Se nel corso della giornata introduttiva del 21 agosto 2024 erano state fornite delle rassicurazioni circa una non meglio precisata disponibilità di posti lavorativi nonostante la mancata assegnazione di un incarico, durante una successiva plenaria del 14 novembre 2024 dedicata agli studenti viene rilasciata una notizia preoccupante: la responsabile del Diploma, Sonia Castro Mallamaci, afferma che, una volta conclusa la formazione, la prospettiva di riassorbimento professionale nel sistema scolastico ticinese è stimata su non meno di quattro anni".

"Era cosa nota"

Che nel Cantone, continuano, "non ci fosse un particolare fabbisogno di docenti di italiano, del resto, era cosa già nota a molti docenti attivi nelle sette scuole medie superiori ticinesi, che, con l’inizio dell’anno scolastico, ci hanno fin da subito chiarito la situazione. Non era invece chiara ad alcuni professori e formatori del DFA, i quali, sollecitati dalle preoccupazioni di diversi docenti in formazione, hanno declassato le informazioni ricevute in tutte le sedi scolastiche (informazioni certo non ufficiali, ma comunque desunte dalla conoscenza delle rispettive sedi) a semplici voci di corridoio che non avremmo dovuto ascoltare". Inoltre, "le comunicazioni relative ai tempi d’attesa per ottenere un incarico di lavoro in una scuola media superiore ticinese hanno successivamente (e progressivamente) stimato un aumento di tali tempistiche. Il motivo? A giugno 2024 si è registrata una imprevedibile diminuzione delle sezioni scolastiche, che ha inevitabilmente comportato la riduzione delle ore da attribuire ai docenti e che ha fatto sì che le tempistiche per i docenti abilitandi si dilatassero a dismisura".

"Alla base c'era un errore di valutazione"

Agli studenti "sembra inammissibile che ci sia un tale divario tra il numero di docenti ammessi alla formazione – 13 – e i posti per i quali si potrà concorrere – 0 –, dal momento che i concorsi d’assunzione non apriranno". Una notizia comunicata "il 20 febbraio 2025, in occasione di un incontro straordinario con i due capisezione Désirée Mallè e Mattia Pini (la cui nomina sarebbe stata di lì a poco annullata dal TRAM) e il direttore del DFA Alberto Piatti grazie al quale, purtroppo, abbiamo avuto modo di constatare che alla base della decisione di aprire l’abilitazione vi era, di fatto, un errore di valutazione. Piatti, infatti, oltre a scusarsi personalmente, ha ammesso che, se fosse stato a conoscenza della situazione, non avrebbe aperto la formazione: ma come è possibile che né il DECS né il direttore di un istituto che forma docenti fossero al corrente di un quadro che invece era già chiaro da tempo a molti docenti in attività nelle non certo numerose sedi?", si chiedono gli abilitandi.

Dito puntato contro il Dfa

"Anche tralasciando il caso specifico di italiano, la posizione del DFA sembra non voler tenere conto del rapporto tra formazione e realtà territoriale, cioè, in sintesi, della particolare condizione in cui versa il Ticino. L’intenzione alla base è chiara: sganciare l’apertura delle formazioni proposte dal DFA dal fabbisogno di docenti nel Cantone, cioè formare docenti senza tener conto delle reali esigenze nelle sette scuole medie superiori ticinesi. Il nodo problematico, però, è che l’apertura delle formazioni del DFA è tuttora concordata con il DECS, il quale, invece, deve preoccuparsi di valutare la concreta necessità di docenti nelle varie discipline. È per questo motivo che non tutti gli anni e non per tutte le materie si avviano le formazioni del DFA. Ed è per lo stesso motivo che nel corso degli anni si è potuto osservare come l’apertura dei concorsi cantonali d’assunzione combaciasse con l’apertura delle formazioni del DFA. Se è vero – e lo è – che l’ammissione al DFA non garantisce automaticamente l’assunzione, è altrettanto vero che l’assunzione, data la generale concomitanza tra formazione e concorso, passa, nella prassi e in larghissima parte, dall’apertura del DFA. Questo, perlomeno, fino a oggi".

"Un biglietto d'accesso al precariato"

"È bene segnalare, infine, che il discorso, purtroppo, non riguarda solo il medio superiore (e non solo italiano), ma coinvolge anche le scuole medie. Per i docenti di italiano che quest’anno stanno terminando il Master per l’abilitazione all’insegnamento medio del DFA, per esempio, il concorso aprirà, ma le prospettive sono comunque sconfortanti. Su quattordici docenti abilitati solo un paio potranno essere assunti, e con un pacchetto di ore irrisorio, che equivale a un biglietto d’accesso al precariato. Ma non sono solo i docenti che stanno per abilitarsi ad avere delle prospettive pressoché nulle: nei gruppi di italiano che hanno conseguito il Master nel giugno 2023 e nel giugno 2024 ci sono alcuni docenti che ancora oggi non hanno ottenuto che una manciata di ore (se non nessuna). Nonostante sia sotto gli occhi di tutti, questo panorama desolante sembra non influenzare in alcun modo le decisioni del DECS e i percorsi formativi del DFA: infatti, a settembre 2024 è stata nuovamente avviata l’abilitazione per l’insegnamento dell’italiano alla scuola media". Questa lettera, viene infine spiegato, "nasce da una riflessione condivisa a seguito del disagio creatosi durante quest’anno di formazione. Ci auguriamo che possa aprire un dialogo e innescare una riflessione pubblica sulla gestione della formazione dei docenti, delle loro condizioni di lavoro e del sistema scolastico ticinese. Soprattutto, ci chiediamo se siano state predisposte delle soluzioni concrete per risanare l’attuale situazione".

La versione integrale:

La notizia dell’ammissione al diploma d’abilitazione all’insegnamento dell’italiano nelle scuole medie superiori del DFA giunge il 29 maggio 2024, al seguito di due fasi di selezione (un esame scritto e uno orale), attraverso cui è stata stabilita una graduatoria che ha infine ammesso tredici persone. La mancanza di trasparenza – che si rivelerà essere un motivo costante lungo tutta la formazione – comincia già da qui: non solo fino al primo giorno di formazione non è chiaro quante persone siano state ammesse, ma la posizione nelle graduatorie è inspiegabilmente comunicata solo ai candidati non ammessi e non viene mai resa pubblica. Se nel corso della giornata introduttiva del 21 agosto 2024 erano state fornite delle rassicurazioni circa una non meglio precisata disponibilità di posti lavorativi nonostante la mancata assegnazione di un incarico, durante una successiva plenaria del 14 novembre 2024 dedicata agli studenti viene rilasciata una notizia preoccupante: la responsabile del Diploma, Sonia Castro Mallamaci, afferma che, una volta conclusa la formazione, la prospettiva di riassorbimento professionale nel sistema scolastico ticinese è stimata su non meno di quattro anni. Che nel Cantone non ci fosse un particolare fabbisogno di docenti di italiano, del resto, era cosa già nota a molti docenti attivi nelle sette scuole medie superiori ticinesi, che, con l’inizio dell’anno scolastico, ci hanno fin da subito chiarito la situazione. Non era invece chiara ad alcuni professori e formatori del DFA, i quali, sollecitati dalle preoccupazioni di diversi docenti in formazione, hanno declassato le informazioni ricevute in tutte le sedi scolastiche (informazioni certo non ufficiali, ma comunque desunte dalla conoscenza delle rispettive sedi) a semplici voci di corridoio che non avremmo dovuto ascoltare.

Le comunicazioni relative ai tempi d’attesa per ottenere un incarico di lavoro in una scuola media superiore ticinese hanno successivamente (e progressivamente) stimato un aumento di tali tempistiche. Il motivo? A giugno 2024 si è registrata una imprevedibile diminuzione delle sezioni scolastiche, che ha inevitabilmente comportato la riduzione delle ore da attribuire ai docenti e che ha fatto sì che le tempistiche per i docenti abilitandi si dilatassero a dismisura. Non si intende ora mettere in dubbio l’esistenza di fattori che possano comportare una variazione nelle stime effettuate, tuttavia ci sembra inammissibile che questa comunicazione non sia giunta repentinamente (dato che la situazione doveva apparire chiara già a giugno 2024 e avrebbe potuto dunque essere illustrata a settembre) e, soprattutto, che ci sia un tale divario tra il numero di docenti ammessi alla formazione – 13 – e i posti per i quali si potrà concorrere – 0 –, dal momento che i concorsi d’assunzione non apriranno.

Questa grave notizia ci è stata comunicata il 20 febbraio 2025, in occasione di un incontro straordinario con i due capisezione Désirée Mallè e Mattia Pini (la cui nomina sarebbe stata di lì a poco annullata dal TRAM) e il direttore del DFA Alberto Piatti grazie al quale, purtroppo, abbiamo avuto modo di constatare che alla base della decisione di aprire l’abilitazione vi era, di fatto, un errore di valutazione. Piatti, infatti, oltre a scusarsi personalmente, ha ammesso che, se fosse stato a conoscenza della situazione, non avrebbe aperto la formazione: ma come è possibile che né il DECS né il direttore di un istituto che forma docenti fossero al corrente di un quadro che invece era già chiaro da tempo a molti docenti in attività nelle non certo numerose sedi? Nelle dichiarazioni trasmesse il 18 marzo 2025 a SEIDISERA (programma radiofonico RSI), il Direttore della Divisione della Scuola Emanuele Berger ha affermato che ad annullare il fabbisogno inizialmente previsto di «qualche decina di ore» ha concorso la riduzione di cinque sezioni. Cinque sezioni corrispondono grosso modo a un tempo pieno, ciò significa che le stime previste prima della riduzione non giustificano in alcun modo l’abilitazione di tredici persone.

Per giustificare il mancato monitoraggio sulla realtà delle scuole medie superiori, Piatti ha dichiarato che negli ultimi quindici anni i docenti di italiano usciti dal DFA sono stati facilmente introdotti nel sistema scolastico ticinese e dunque una disamina attenta delle reali esigenze sul Cantone non si era resa, finora, necessaria. In merito alle obiezioni relative alle comunicazioni trasmesse a settembre e a novembre da Castro Mallamaci (che – occorre ricordare – si era espressa in tali circostanze in quanto responsabile del Diploma del DFA), Piatti ha invece dichiarato di non esserne al corrente e che probabilmente queste erano frutto ancora una volta di indiscrezioni trapelate da qualche docente in attività. Com’è possibile che il contenuto delle comunicazioni ufficiali che ci sono state fornite nel tempo dalle diverse parti differisse di così tanto?

Anziché dilungarsi su questi interrogativi, per cui non sono state date finora risposte soddisfacenti, preferiamo soffermarci su altri due punti sollevati da Piatti durante l’incontro del 20 febbraio. Il diploma ottenuto al DFA, tiene a sottolineare il direttore, non è valido solo in Ticino, ma in tutta la Svizzera. Per italiano, però, la possibilità di far valere il proprio Diploma oltralpe è esclusa, perché l’abilitazione concerne unicamente l’insegnamento dell’italiano come L1 (cioè come lingua madre), mentre nel resto della Svizzera l’italiano viene insegnato come L2 (e perché allora non integrare, nello stesso Diploma, un modulo che abiliti proprio all’insegnamento dell’italiano come L2?). Anche tralasciando il caso specifico di italiano, la posizione del DFA sembra non voler tenere conto del rapporto tra formazione e realtà territoriale, cioè, in sintesi, della particolare condizione in cui versa il Ticino. L’intenzione alla base è chiara: sganciare l’apertura delle formazioni proposte dal DFA dal fabbisogno di docenti nel Cantone, cioè formare docenti senza tener conto delle reali esigenze nelle sette scuole medie superiori ticinesi. Il nodo problematico, però, è che l’apertura delle formazioni del DFA è tuttora concordata con il DECS, il quale, invece, deve preoccuparsi di valutare la concreta necessità di docenti nelle varie discipline. È per questo motivo che non tutti gli anni e non per tutte le materie si avviano le formazioni del DFA. Ed è per lo stesso motivo che nel corso degli anni si è potuto osservare come l’apertura dei concorsi cantonali d’assunzione combaciasse con l’apertura delle formazioni del DFA. Se è vero – e lo è – che l’ammissione al DFA non garantisce automaticamente l’assunzione, è altrettanto vero che l’assunzione, data la generale concomitanza tra formazione e concorso, passa, nella prassi e in larghissima parte, dall’apertura del DFA. Questo, perlomeno, fino a oggi.

Il secondo punto riguarda la visione, espressa da Piatti il 20 febbraio, per cui il DFA rappresenti nell’immaginario degli studenti svizzeri di Lettere la tappa conclusiva della formazione universitaria: coloro che si iscrivono al Master o al Diploma del DFA non lo farebbero, secondo Piatti, solo perché hanno intenzione di insegnare ma anche, appunto, per ultimare il proprio percorso formativo. Ma chi, ora più che mai, deciderebbe di sospendere la propria attività lavorativa o di ricerca e di impiegare uno, due o tre anni (a seconda della formazione) dovendone sostenere i costi, per ottenere un’abilitazione se sapesse che le prospettive professionali sono nulle oppure presenti solo oltre Gottardo? Ci sembra che la realtà dei fatti sia un’altra: chi si iscrive al DFA di Locarno lo ha sempre e solo fatto – come abbiamo fatto noi – per poter poi insegnare in una scuola ticinese, e non certo per un’esigenza formativa che il DFA sarebbe in grado di soddisfare.

È bene segnalare, infine, che il discorso, purtroppo, non riguarda solo il medio superiore (e non solo italiano), ma coinvolge anche le scuole medie. Per i docenti di italiano che quest’anno stanno terminando il Master per l’abilitazione all’insegnamento medio del DFA, per esempio, il concorso aprirà, ma le prospettive sono comunque sconfortanti. Su quattordici docenti abilitati solo un paio potranno essere assunti, e con un pacchetto di ore irrisorio, che equivale a un biglietto d’accesso al precariato. Ma non sono solo i docenti che stanno per abilitarsi ad avere delle prospettive pressoché nulle: nei gruppi di italiano che hanno conseguito il Master nel giugno 2023 e nel giugno 2024 ci sono alcuni docenti che ancora oggi non hanno ottenuto che una manciata di ore (se non nessuna). Nonostante sia sotto gli occhi di tutti, questo panorama desolante sembra non influenzare in alcun modo le decisioni del DECS e i percorsi formativi del DFA: infatti, a settembre 2024 è stata nuovamente avviata l’abilitazione per l’insegnamento dell’italiano alla scuola media.

Questa lettera nasce da una riflessione condivisa a seguito del disagio creatosi durante quest’anno di formazione. Ci auguriamo che possa aprire un dialogo e innescare una riflessione pubblica sulla gestione della formazione dei docenti, delle loro condizioni di lavoro e del sistema scolastico ticinese. Soprattutto, ci chiediamo se siano state predisposte delle soluzioni concrete per risanare l’attuale situazione.

Firmatari

13 docenti di italiano (SMS, abilitandi 2024-25)