
Il gruppo della Lega dei Ticinesi in Gran Consiglio ha presentato un'iniziativa parlamentare generica (primo firmatario Boris Bignasca) per chiedere di inserire dei correttivi per mitigare le differenze salariali tra i lavoratori residenti e i lavoratori che vivono oltreconfine.
Secondo i firmatari anche con l'introduzione di un salario minimo la disparità salariale tra lavoratori frontalieri e residenti permarrebbe, in quanto è causata da differenti oneri relativi al paese di residenza.
"Il lavoratore frontaliere - sottolineano i firmatari - gode di un trattamento fiscale favorevole, non deve sostenere privatamente i costi per la cassa malati e soprattutto beneficia di un costo della vita nel suo paese di residenza nettamente inferiore a quello svizzero. Sappiamo tutti che in Italia il costo della vita è di circa il 30% inferiore al nostro. Queste condizioni quadro completamente diverse confermano come il salario lordo minimo uguale per tutti sia in realtà una misura discriminatoria per i lavoratori residenti rispetto ai colleghi residenti in Italia. La vera parità dovrebbe concretizzarsi sulla base del salario netto disponibile."
Per questo motivo, i firmatari propongono l'introduzione di un prelievo sui salari dei frontalieri. "Tale ritenuta - affermano - avrebbe il pregio di mitigare le differenze tra i lavoratori, ma soprattutto, facendo confluire le trattenute in un fondo perequativo, si potrebbe compensare, almeno in parte, il minor potere d'acquisto per i residenti e attivare una serie di attività per favorire l’accesso al lavoro ai giovani e per promuovere il reinserimento professionale dei disoccupati over 50. Il lavoratore frontaliero, il cui stipendio verrebbe aumentato fino alla soglia del salario minimo, contribuirebbe, attraverso la sua trattenuta, a rendere il sistema più equo. Il datore di lavoro che assumerà frontalieri dovrà a sua volta contribuire per migliorare le opportunità dei giovani ticinesi."
"Tale principio - sottolineano i deputati - non andrebbe applicato ai soli lavoratori frontalieri che beneficeranno del nuovo salario minimo, ma esteso a tutti i permessi G. Un contributo pari all’1% del salario lordo, suddiviso in due tra lavoratore e datore (ripartizione che dovrà stabilire il Gran Consiglio), porterebbe nelle casse del nuovo fondo perequativo una cifra relativamente importante per dare maggiore equilibrio e un importante segnale politico verso il Ticino che lavora e che tutti i giorni è confrontato con il problema salariale."
© Ticinonews.ch - Riproduzione riservata