L'intervista
Il conflitto in Libano dagli occhi di chi ci ha vissuto
4 ore fa
L'intervista a Christian Castelli, ex impiegato dell'ONU in Libano, analizza la recente violazione della postazione UNIFIL da parte di Israele.

Due giorni fa UNIFIL ha denunciato che due carri armati sono entrati con la forza in una loro postazione nel sud del Libano, definendola una violazione scioccante che ha impedito movimenti cruciali per la missione dell’Onu di mantenimento della Pace. Israele ha però poi rispedito al mittente la critica che abbia deliberatamente attaccato il personale UNIFIL chiedendo loro di abbandonare la zona e accusandoli di fare da scudo ad Hezbollah. Per comprendere meglio le tensioni tra Israele e Libano abbiamo raggiunto Christian Castelli, l’attuale direttore dell’Aeroporto di Agno che è però stato impiegato per 15 anni – fino a pochi mesi fa – in Libano proprio per l’ONU. “Premetto che durante il mio periodo non era mai successo un evento del genere, vi erano delle situazioni dove in funzione del mandato che la missione aveva quando c'era una violazione c'erano delle investigazioni che seguivano. Non sempre queste investigazioni erano di una o dell'altra parte o di entrambe. Detto questo, anche io ho letto di quanto successo, chiaramente parto dal presupposto che quanto è stato riportato sia vero e ho anche letto delle prese di posizione dei paesi membri delle nazioni unite che hanno condannato questo atto la missione ONU in Libano primariamente svolge il proprio mandato in funzione della risoluzione del consiglio di sicurezza 1701 che prevede in primis che venga mantenuta la cessazione dell'ostilità e in forza con 10mila soldati osservava che questa venisse mantenuta. Allo stato attuale, con tutto quel che sta succedendo, sta venendo meno.

L'intervista

Come può muoversi l'ONU? C'è la possibilità che decida di ritirare le truppe dal territorio?

"Anche questa è una delle ipotesi sul tavolo. Allo stato attuale da quel che ho potuto leggere l'intenzione è quella di rimanere, è altrettanto vero che nell'ambito di una pianificazione normale delle truppe dispiegate in un territorio su mandato delle Nazioni Unite ha sempre dei ragionamenti di scorte, di emergenze e via discorrendo, nel caso non riuscissero più a rimpiazzare tutte quelle che sono le scorte che sono andate esaurite è chiaro che il problema si pone da un punto di vista pratico, per quanto ci possa essere la volontà di rimanere sulla linea di confine (linea blu) potrebbe succedere che ad un certo momento non hanno più diesel per i generatori, acqua per le truppe, scorte di cibo".

C'è questa linea blu che è una sorta di confine, com'è nata questa fascia e qual è il suo scopo?

"Qui si torna indietro al 1978 con la risoluzione 435-6 dove è stata definita una linea blu che fondamentale non è un confine ma una linea dove le parti si sono accordate, una specie di linea di armistizio, l'idea originale era quella di definire questo confine affinché poi le parti nel corso del tempo potessero negoziare, risolvere le proprie dispute ed arrivare da un momento di cessazione dell'ostilità ad un vero e proprio trattato di pace, questo da un punto di vista storico".  

Non si è arrivati a questo punto, si può dire che la diplomazia ha fallito?

"Io partirei da una considerazione: tendenzialmente e storicamente si cerca di risolvere tramite un conflitto un problema che non si è riusciti a risolvere tramite la diplomazia, in questo senso e date queste premesse, si la diplomazia non è riuscita a dare il meglio di sé.

Da quello che ha percepito lei vivendo in Libano per tanti anni, quanto sostegno c'è tra la popolazione?

"È una domanda complessa, partiamo dal fatto che in Libano esistono 18 confessioni, tendenzialmente sono aree abbastanza omogenee dunque laddove c'è una maggioranza sciita è affianco ad un villaggio a maggioranza sunnita, poi affianco ancora un villaggio cristiano. Tendenzialmente ogni villaggio dove c'è una maggioranza questa viene rispettata, è vero che nel corso dei 15 anni ci sono stati in alcuni momenti delle grosse tensioni, ma è vero che laddove queste tensioni aumentavano poi in un modo o nell'altro è prevalso un senso pragmatico per poter risolvere le questioni. Non vuol dire che non ci siano delle tensioni fra gruppi però si è sempre trovato un modo per poterlo risolvere in modo politico".

In Libano comunque lei ha lasciato una parte di sé, immagino faccia male a livello personale vedere tutte queste notizie

"Sono arrivato nel 2008, nei 15 anni di permanenza è cresciuta la famiglia, è stata una parte importante della mia vita, chiaramente questo in senso lato, vedere qualsiasi terra distrutta, un paese che ha una storia millenaria, vedere distrutte magari certe strutture che hanno resistito nel corso dei secoli fa male, da un punto di vista personale ma anche come essere umano più in generale".