La ripresa prima e il buon andamento poi dei negoziati tra Berna e Bruxelles ha già avuto un effetto positivo. Da fine maggio la Commissione europea consente ai ricercatori elvetici, finora esclusi, di tornare a partecipare a pieno titolo ad alcuni programmi di Horizon Europe. Non solo: da metà novembre possono pure accedere a ulteriori sovvenzioni. A preoccupare è invece la richiesta giunta da Bruxelles: le tasse universitarie per gli studenti europei dovranno essere ridotte allo stesso livello di quelle per gli studenti svizzeri. Una prospettiva che danneggerebbe e non di poco alcuni istituti, tra cui la Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana. “Questa misura richiesta dall’Unione Europea è gravosa per quelle scuole universitarie che hanno oggi una differenza nelle tasse applicate per gli alunni non residenti rispetto a quelli residenti", afferma ai microfoni di Ticinonews il direttore generale Franco Gervasoni. "Tra queste vi sono la Supsi, l’Usi e l’Università di San Gallo, che sarebbero quelle più penalizzate". Oggi "abbiamo una differenza di circa 800 franchi a semestre tra uno studente residente e uno non residente. Se dovessimo portare tutti allo stesso livello di quota, ciò comporterebbe un ammanco finanziario nell’ordine di grandezza di circa due milioni”.
Duca Widmer: "C'è grandissima preoccupazione"
Ad andare incontro a conseguenze ancora più gravi sarebbe l'Università della Svizzera italiana, che conta una maggioranza di studenti stranieri. La presidente del Consiglio dell'Usi, Monica Duca Widmer, ospite venerdì a Radar aveva dichiarato che “c’è grandissima preoccupazione, perché noi siamo l’università che ha le tasse semestrali più alte, 4'000 franchi per chi è domiciliato e il doppio per gli stranieri. E il nostro budget è composto al 14% anche da queste entrate, a differenza degli altri istituti svizzeri che hanno dei contributi cantonali maggiori". Una misura come quella sopracitata "sarebbe molto grave per noi, perché si tratterebbe di milioni in meno che avremmo a disposizione”.
Il piano di risparmi
A complicare la situazione ci si mette anche la politica interna. Il piano di risparmi che dovrebbe alleggerire il bilancio federale nei prossimi anni, infatti, intende chiamare alla cassa pure gli atenei. “Questo è un elemento che preoccupa ancora maggiormente, perché si tratta di un cambiamento di paradigma importante", sottolinea ancora Gervasoni. "Abbiamo vissuto negli ultimi decenni una crescita sempre molto moderata dei finanziamenti rispetto ai bisogni dichiarati, ma qui ci troviamo confrontati con un taglio preconizzato del 10% nei contributi di base e anche in quelli agli enti che sostengono la ricerca con le scuole universitarie. Il fondo nazionale, ad esempio, perderebbe 150 milioni".