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La latitanza di Messina Denaro "finanziata anche con attività svolte in Svizzera e in Ticino"
Redazione
2 anni fa
Ai nostri microfoni Francesco Lepori, responsabile operativo dell'Osservatorio ticinese sulla criminalità organizzata, ripercorre i legami fra l'ormai ex superlatitante e la Confederazione.

"È giusto festeggiare ed è giusto festeggiare, ma da domani dovremo iniziare a porci delle domande: perché Matteo Messina Denaro poteva permettersi di girare per Palermo? Perché da oltre un anno poteva curarsi nella clinica privata dove è stato arrestato? Chi lo ha coperto? Sono domande a cui lo Stato ha il dovere di rispondere". Parola di Ismaele La Vardera, raggiunto da Ticinonews. La Vardera è vicepresidente della Commissione antimafia della Regione Sicilia, ma è conosciuto soprattutto per essere stato, fino allo scorso anno, un giornalista delle "Iene", il celebre programma che va in onda su Italia 1. "Se deciderà di parlare - conclude La Vardera - Matteo Messina Denaro potrebbe fare crollare dei castelli".

Un rapporto intenso

Non solo in Sicilia si dovranno tuttavia dare delle risposte. L'arresto di Messina Denaro ci porta nuovamente a interrogarci sul rapporto fra la mafia e il nostro territorio. “La storia di Matteo Messina Denaro ha solidi legami con la Svizzera e con personaggi attivi nel nostro Paesi, almeno in passato", commenta ai nostri microfoni Francesco Lepori, responsabile operativo dell'Osservatorio ticinese sulla criminalità organizzata. "Penso innanzitutto a Basilea per la presenza, già a partire dagli anni ’70, del mercante d’arte Gianfranco Becchina, originario di Castelvetrano, come Messina Denaro. Becchina più volte è stato indagato per traffici di reperti archeologici tra Svizzera e Italia. Beni che venivano trafugati in Sicilia attraverso una rete gestita dal padre del superlatitante e poi dallo stesso boss, oggi finito in manette. Più pentiti, a iniziare da Giovanni Brusca, hanno parlato dei rapporti tra Becchina e Messina Denaro. Relazioni confermate anche da alcuni riscontri telefonici”.

Qual è il rapporto del Canton Ticino con Matteo Messina Denaro?

“A Locarno è nato e cresciuto Giovanni Domenico Scimonelli, nel 2016 condannato in Italia per le attività svolte a favore di Messina Denaro, di cui era diventato un fedelissimo. Non solo: nel 2018 gli è stato dato un ergastolo come mandante di un omicidio. Scimonelli ha inoltre contribuito alla latitanza del boss. Lo ha fatto svolgendo più compiti, tra cui il recapito di messaggi, i famosi pizzini con cui Messina Denaro impartiva ordini anche legati al mantenimento della sua famiglia, alla quale Scimonelli provvedeva. Il 55enne nato a Locarno, inoltre, per lui svolgeva anche attività di carattere strettamente economico: faceva da corriere di denaro tra il Ticino e la Sicilia e aveva creato - come emerso da alcune indagini - degli schermi societari finalizzati al rilascio e all’uso di carte di credito”.

Quindi la Svizzera per Messina Denaro fungeva da banca?

“Una latitanza di questa portata comporta costi notevoli, tanto per la sua durata tanto per il numero di persone da coinvolgere. Matteo Messina Denaro, come detto, l’ha finanziata anche attraverso attività svolte a cavallo tra la Svizzera e l’Italia. Per noi questa è l’ennesima conferma della presenza di una mafia quasi sempre silente, ma non certo meno pericolosa. Da noi non si spara, ma solo perché il ricorso alla violenza creerebbe un allarme sociale che sarebbe da ostacolo agli interessi economici. Va anche detto che la forte vocazione imprenditoriale del boss oggi arrestato, così come quella di personaggi come Scimonelli, è stata fonte di attriti con Totò Riina, il capo dei capi, che vedeva nell’ex pupillo la figura ideale per proseguire l’attività mafiosa con la strategia stragista”.

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