Ticino
La leggenda degli scacchi: "Lugano era la capitale di questa disciplina, ma..."
La leggenda degli scacchi: "Lugano era la capitale di questa disciplina, ma..."
La leggenda degli scacchi: "Lugano era la capitale di questa disciplina, ma..."
Redazione
6 anni fa
Il grande scacchista Anatoly Karpov si racconta a Ticinonews: "Sono riuscito a battere i computer, ma è stato molto complicato..."

Anatolij Evgen'evič Karpov, o Anatoly Karpov se si vuole chiamarlo come alla occidentale, è una persona che, a proposito di scacchi, ha parecchio da dire. Egli è infatti uno dei più grandi scacchisti viventi, ed ha ottenuto più volte il titolo di campione del mondo di scacchi. Nella sua disciplina potrebbe essere considerato quello che Maradona e Pelé sono stati per il calcio. In questi giorni era di passaggio a Lugano, e noi di Ticinonews siamo riusciti ad incontrarlo.

Nonostante gli scacchi non abbiano un grande appeal alle nostre latitudini, nel suo paese Karpov è considerato una celebrità a tutti gli effetti. Ciononostante si rivela essere una persona molto umile e cortese, e accetta di buon grado di rispondere alle nostre domande.

Mr. Karpov, qual’è il suo legame con Lugano?Lugano è un luogo molto importante per gli scacchi e la loro storia. Qui infatti furono organizzate le olimpiadi di scacchi, nel lontano 1968. Furono delle olimpiadi molto ben organizzate, anche se io ero troppo giovane all’epoca (avevo solo 16 anni) per gareggiare nel team dell’Unione Sovietica; ma ciò non vuol dire che non fossi pronto! Poco dopo divenni infatti campione del mondo juniores, e quattro anni dopo gareggiai per la prima volta nel team sovietico, diventando di fatto il campione del mondo di scacchi, nel 1972. Durante gli anni ’60 e ’70, Lugano era il più famoso centro nevralgico per lo studio degli scacchi, sia per la Svizzera che per il resto dell’Europa, ma purtroppo questo suo titolo è andato perduto, anche se non saprei dire come mai. Oggi penso sia possibile un ritorno di questa tradizione, dato che gli scacchi stanno prendendo sempre più piede all’interno dei programmi scolastici. Uno dei motivi per cui mi trovo a Lugano infatti è proprio questo: ossia valutare possibile applicazioni degli scacchi nel sistema educativo. Devo dire però, che anche a livello personale, è sempre bello venire a Lugano: ogni volta che arrivo qui, la ritrovo con piacere, con le sue vie cittadine, il lago e le sue montagne.

In che modo gli scacchi possono essere utili all’educazione scolastica?È stato provato che gli scacchi possono apportare svariati benefici a livello educativo, perché c’è una correlazione diretta tra scacchi e disciplina. Gli scacchi allenano la comprensione, strategia, logica e memoria. Sono tutte virtù che risultano utili, non solo a scuola, ma per tutta la vita. Infatti nel 2011, il Parlamento Europeo ha votato per introdurre gli scacchi nei programmi scolastici degli stati membri. Infatti ora gli scacchi sono presenti in varie scuole. Se non ricordo male il primo paese europeo ad introdurli, come attività generalmente facoltativa, ma talvolta anche obbligatoria, fu la Svezia, nel 1993. Negli scacchi è necessario essere assolutamente oggettivi sulla propria posizione. In particolare quando conosci il tuo avversario, cosa non sempre possibile, devi essere in grado di carpire i punti forti dello stile di gioco dell’avversario, così come devi essere perfettamente cosciente del tuo stile, con tutti i pregi e i difetti. Poi combini le informazioni e le compari, valutando punti forti e punti deboli, e a quel punto scegli la tua strategia. E nello stesso modo funziona la vita, pensiamo al mondo del business per esempio: quando incontri un possibile socio, vuoi conoscere il maggior numero di informazioni possibile, vuoi sapere i punti forti e quelli deboli, come ottenere i risultati migliori. Gli scacchi sono unici nel possedere questo tipo di approccio.

Quindi secondo lei andrebbero insegnati in tutte le scuoleSì e no. Di recente mi trovavo a Dos Hermanas, una città vicino a Siviglia con circa 40mila abitanti, a visitare delle scuole dove ho insegnato scacchi nel 2003, per sapere com’era proseguito il programma. Inizialmente il programma era facoltativo, ma oggigiorno è obbligatorio per un’ora settimanale, per gli allievi di età compresa tra i 6 e i 12 anni. E questa è una cosa buona, soprattutto per i bambini più giovani. Un altro esempio sono due città vicino a Parigi, più o meno grandi come Dos Hermanas, dove gli scacchi sono obbligatori in tutte le scuole della città. Personalmente non ritengo sia necessario renderli obbligatori, o magari solo in alcune scuole o solo per un anno, perché col passare del tempo si trovano inevitabilmente dei giovani che non hanno pazienza e ai quali risulterebbe troppo difficoltoso. Ma un annetto, giusto per comprendere le basi e apprendere i principali meccanismi, penso possa essere utile.

Lei ritiene che campioni come lei si nasca, o che sia possibile diventarlo con l’impegno e il duro lavoro?Onestamente penso che campioni del mio livello si nasca. C’è da dire però che il talento da solo non basta, è comunque necessario lavorare sodo. Resta comunque più facile lavorare su un talento preesistente che partire da zero, ma ritengo che si possa raggiungere il livello di maestro nazionale anche senza molto talento se si è disposti a fare parecchi sacrifici e ad impegnarsi duramente. Ma senza talento, raggiungere il livello di Gran Maestro è molto difficile.

Cosa consiglierebbe ad una persona che volesse iniziare a giocare a scacchi?È difficile dare suggerimenti in tal senso. Direi che dovrebbe prepararsi a lavorare molto. Per quanto uno possa essere bravo, non può fare tutto da solo. Non può chiudersi in casa e limitarsi ad esercitarsi e studiare, è necessario giocare con altri avversari per imparare. Inoltre per giocare a scacchi servono una grande preparazione, tempo e soprattuto molta pazienza.

Parliamo di lei, cosa la rendeva differente dagli altri grandi campioni?Io avevo uno stile di gioco particolare, che non tutti erano in grado di seguire. Fin da quando ero giovane, avevo come una percezione del coordinamento dei pezzi sulla scacchiera, ed ero in grado di prevedere un conflitto, svariate mosse prima che questo accadesse. Ero quindi in grado di prepararmi in tempo per lo scontro principale. Anche se sembra una cosa scontata, è una cosa abbastanza rara, perché di solito la gente non è in grado di prevedere le mosse con la stessa precisione, quindi questo mi differenziava sostanzialmente dagli altri.

Lei non è più campione del mondo da ormai vent’anni, le manca essere campione?Naturalmente era bello essere il campione, ma pur non essendolo più, sono ancora molto attivo nel campo. Partecipo infatti a tornei di alto livello, vincendo praticamente sempre. Inoltre in passato ho stabilito record che non credo vivrò abbastanza da vederli superati: ad oggi ho vinto 185 competizioni internazionali, record prima appartenente al ex-campione russo Aleksandr Alechin, che ne aveva finti 76. Direi quindi che mi rimane un bel vantaggio.

Ha mai preso in considerazione l’idea di sfidare l’attuale campione e riconquistare il titolo?No. Per una sfida del genere è necessario allenarsi ogni giorno, e dedicarsi agli scacchi a tempo pieno. Ma come detto, sono ancora parte del giro. Io smesso di competere nel campionato mondiale nel 2001 per delle divergenze d’opinioni relative al nuovo sistema di ranking, ma partecipo in altri modi. Sono alla guida di vari team di scacchisti, che spesso sono tra i migliori nei loro campionati. Dirigo inoltre diverse scuole di scacchi in oltre trenta nazioni, e quarantasei regioni in Russia: complessivamente, penso di possedere oltre seicento scuole.

Nel ’96, il suo antico rivale Garri Kasparov venne sconfitto per la prima volta da un programma informatico, IBM Deep Blue. Quale fu la sua reazione all’epoca?Non compresi bene come venne sconfitto. Potrei spiegarlo nel dettaglio ma si rivelerebbe troppo complicato. In ogni caso fu un risultato molto strano, perché non sono sicuro che fosse un risultato oggettivo o meno. In generale però, quando gli scacchisti umani giocano contro dei computer, dovrebbero partire dallo stesso punto. I computer invece utilizzano tutte le informazioni a loro disposizione sin dall’inizio, perché sono radicate dentro di loro, mentre gli umani perdono tempo ed energia a raggruppare ed elaborare tutte le informazioni necessarie. Ora che i computer sono al livello dei grandi giocatori, se si vuole creare una competizione onesta, bisognerebbe iniziare ad equalizzare le condizioni di gioco. Per cominciare, bisognerebbe che entrambi avessero accesso alla stessa quantità di informazioni, il che già causerebbe dei problemi perché dubito che i creatori di queste macchine metterebbero a disposizione tutte le informazioni contenute in esse. Ma anche in quel caso i computer sarebbero avvantaggiati, perché sono in grado di comprendere immediatamente che tipo di informazione necessitano e a recuperarla, mentre gli esseri umani, pur avendo a disposizione le stesse informazioni, necessiterebbero comunque di molto più tempo per capire di quali necessitano e riuscire a trovarle. Dunque per essere davvero equi, bisognerebbe concedere al giocatore umano molto più tempo per fare la sua mossa.

Lei sarebbe stato in grado di sconfiggere Deep Blue?Lo feci. Ma a differenza di Kasparov, giocai unicamente una partita, mentre lui giocò un match composto da una serie di partite. Non posso dire però di aver vinto senza riscontrare diversi problemi, ritrovandomi in certi momenti in svantaggio a causa di alcuni errori di valutazione. Ma alla fine riuscì a identificare delle lacune nella comprensione degli scacchi da parte del computer. Quindi riuscì ad ingannarlo a vincere la partita.

Quali sono i suoi piani, una volta lasciata Lugano?Mi recherò brevemente a Ginevra, e poi tornerò a mia, in Russia. Prossimamente mi recherò in Cina, dove sto lavorando all’apertura di varie scuole di scacchi.

Mirko Sebastiani

Si ringrazia Ticinolive per la collaborazione e le immagini

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