
Una decina di spazi, più o meno nascosti nel luganese, celati da anonime porte di servizio aprono un mondo alternativo, quello della nascente scena indie ticinese. Un giro di telefonate, un passa parola tra amici ed amici-sconosciuti, ovvero gente che sebbene non si sia mai presentata è un volto «già visto in giro», e tutti gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione ai giorni nostri. Ecco la chiave per accedere a queste realtà, volutamente tenute celate dagli stessi fruitori. E così sia, senza nomi, senza indirizzi, nel rispetto di questa forma.
Persone, principalmente under 30, che si riuniscono in associazioni, circoli, o più semplicemente hanno un interesse in comune e la voglia di cambiare le regole del gioco; descrizione calzante del motore di questa piccola scossa culurale che sta radicalmente cambiando il panorama luganese.
Si va dai vernissage alle proiezioni cinematografiche, spazi per filmakers oppure ancora concerti metal e fin giù nella sperimentazione elettronica più avanguardistica. Un’offerta culturale genuina, fatta di artisti locali,giovani che partono ed arrivano da tutti i continenti, label internazionali ed un folto pubblico che non vuole identificarsi con ciò che è il commerciale fruibile presso i ritrovi pubblici tradizionali. Pubblico che segue il passa parola, che non programma la serata con troppo anticipo proprio perché sicuro di potersi lasciare stupire, con nuove emozioni, con nuove esperienze, con nuovi compagni di avventura, con vecchie amicizie.
L’offerta “pubblica” è decisamente variegata nella città, eppure queste creature della notte tendenzialmente scelgono di auto escludersi da quella gente e da quei meccanismi che muovono buona parte degli altri coetanei, trovando nell’offerta attuale un meccanismo troppo spesso malsano e fondamentalmente falso. Quanto meno non genuino e spontaneo come questi nuovi e variegati fenomeni, spesso indipendenti tra loro.
Questa è più o meno la spiegazione per cui, difficilmente sentirete parlare di questi eventi, di questi luoghi, sempre che un vostro conoscente non vi introduca reputandovi un ottimo elemento all’interno di questi ecosistemi. O vi arrivi il passa parola in qualche modo. Anche perché, punto cardine di questi luoghi è quello di sentirsi al sicuro, senza doversi controllare le tasche od aver paura di lasciare la borsetta incustodita come la cronaca insegna.
Vecchi stabili industriali, ex appartamenti con la tappezzeria strappata, sale prove attrezzate alla buona, mansarde con qualche schermo. Gente che da la sua quota per pagare l’affitto dello spazio, volontari che contribuiscono come possono. E poi la continua mobilità delle attrezzature: si stacca l’impanto dalla postazione precedente e lo si attacca nella stanza antistante. Una realtà che accomuna Lugano ad altre città ben più grandi e prestigiose, e purtroppo ancora invisa alle istituzioni che non hanno ancora ben compreso cosa stia realmente accadendo:
Factory, monte verità, cabaret voltaire, kling klang se vogliamo delineare un profilo.
Queste inedite forme di concepire spazi aggregativi, da semplici locali sul retro, sale prove, soffitte, atelier aumentati fino a vere e proprie comunità che vivono negli stessi spazi, queste esperienze non hanno neanche una esatta forma giuridica con cui omologarsi, il che è a sua volta causa di incomprensioni con le stesse autorità.Situazione per altro estremamente interessante in quanto ricca opportunità per la stessa città di Lugano che ha già ampiamente promosso importanti investimenti nella cultura negli scorsi anni, ma mai come fin’ora è riuscita nello smuovere questa fetta di (giovane) popolazione.
Resta comunque la l’ebrezza di di vedere finalmente qui, ora, qualcosa di nuovo, qualcosa di bello. Ogni giorno.
M. P. Taiana
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