
In un periodo in cui la popolazione mostra grande solidarietà nei confronti della popolazione ucraina, ci sono associazione benefiche che possono essere in crisi. È il caso di DaRe, associazione di Bellinzona che si occupa raccogliere e smistare capi di abbigliamento da destinare agli ospiti di centri di accoglienza in Ticino e all’estero, nonché offrire possibilità di integrazione con corsi di lingua, che è a rischio chiusura.
Lo sfogo sui social
Lara Robbiani Tognina, direttrice dell’associazione, ha affidato ai social il suo sfogo, prendendosela con la “solidarietà del selfie”, quella che carica camion di beni devoluti con il cuore, ma che non servono o non arrivano dove ce ne sarebbe bisogno. “Servono almeno centomila franchi per la gestione annuale” dell’associazione, scrive Robbiani Tognina. “Sui nostri conti ne rimangono 1’200. Se non arriva un sostegno, entro fine mese dovremo chiudere”.
Le difficoltà dell’associazione
Le difficoltà sono confermate anche dalla presidente Martina Malacrida Nembrini, che ai microfoni di Ticinonews ha spiegato la situazione finanziaria dell’associazione. “Non riusciamo mai ad avere dei contratti di sussidio che vanno al di là dell’anno. Sarebbe un peccato rinunciare a tutta una parte che viene garantita, soprattutto di integrazione, grazie alle figure professionali che abbiamo e paghiamo all’interno dell’associazione”. La solidarietà è una cosa stupenda, aggiunge Nembrini, ma va pianificata. “Bellissimo accogliere, ma bisogna pensare a lungo termine e senza tutte le attività d’integrazione che devono essere fatte tramite lo Stato e associazioni di volontariato o altre che operano sul territorio, non potremo garantire a queste persone di poter essere parte integrante della nostra società”.
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