
Non solo il Governo è preoccupato. Le onerose iniziative relative ai premi di cassa malati, che in parte chiamano alla cassa anche gli enti locali, sono guardate con timore dai Comuni polo che questa mattina hanno incontrato la Commissione della Gestione. Di qui la disponibilità a collaborare per un eventuale controprogetto, spiega al termine della riunione il sindaco di Bellinzona Mario Branda: “Non possono essere i Comuni a trovare delle soluzioni alternative a queste proposte. Abbiamo però anche detto che laddove qualcuno dovesse farsi parte attiva per cercare effettivamente dei compromessi, noi eravamo ben disponibili a collaborare evitando alcuni degli effetti che oggi ci preoccupano”, dichiara il sindaco di Bellinzona.
La risposta del Cantone
“Noi ascoltiamo tutte le posizioni. Ricordiamoci che sono delle iniziative popolari, sono state raccolte delle firme e alla fine sarà il popolo a decidere" Questa la risposta del vicepresidente Fiorenzo Dadò che in ogni caso lascia la porta aperta. Quello di oggi era infatti solo un primo confronto tra livelli istituzionali dopo che, lo scorso autunno, i toni si erano fatti un po’ roventi. I Comuni lamentano tutta una serie di oneri riversati e mancati gettiti che pesano sulle finanze cittadine. Basterà coinvolgere più di frequente gli enti locali, anche durante la stesura dei preventivi, per risolvere la questione? “No, non basterà", afferma Dadò "perché evidentemente ognuno fa il suo lavoro. La Commissione del Gran Consiglio deve legiferare e deve evadere i messaggi del Consiglio di Stato”. Per Mario Branda, invece, le decisioni del parlamento pesano sui Comuni: “È chiaro che il nostro interlocutore principale è e deve essere il Consiglio di Stato. Allo stesso tempo, ci rendiamo conto che il Gran Consiglio spesso e volentieri adotta delle decisioni che hanno delle conseguenze per i Comuni”.
Un ritorno al passato?
Più coinvolgimento, quindi, e non solo dei Comuni polo. Anche i piccoli devono far sentire la propria voce, magari attraverso ACT. E qui Dadò formula un appunto: “C’è da chiedersi se va bene, oggi come oggi, un’associazione dei Comuni in questo modo o se non bisognerebbe tornare come al passato con un’associazione che si occupa delle periferie e delle zone di montagna (CoReTi) e una che si occupa dei centri urbani (ACUTI)", sostiene Dadò. Al di là di chi si vuole al tavolo come interlocutore per Branda resta la grande questione: “Dobbiamo sapere che comuni vogliamo: se ne vogliamo ancora e che comuni vogliamo di qui a 20 anni".
Cosa accadrà?
E questo anche in seguito al naufragio di Ticino2020, la grande riforma che sulla carta avrebbe dovuto ridefinire compiti e responsabilità finanziarie tra Cantone e comuni. L’auspicio è quello di ripartire, ma come in un momento storico di ristrettezze per tutti? “Capiamo bene la difficoltà generale", dice Branda, "alla fine, però, quando vengono prese delle decisioni di natura finanziaria, poi, i comuni si ritrovano nella condizione di doversi confrontare direttamente con i cittadini con delle decisioni che poi magari vanno a loro discapito". Fiorenzo Dadò, invece punta il dito verso il Consiglio di Stato: “I conti, li sappiamo fare anche noi e buona parte dei commissari sono attivi nei comuni. È un tema, questo, di rapporto Cantone-Comuni che sarebbe bello rivedere. Tuttavia, spetta al Consiglio di Stato avviare una vera riforma in questo senso", conclude il vicepresidente della Commissione della Gestione.