"From Challenging New Technologies to Desperate Lawmakers: Is It Still Possible to Regulate Cyberspace and AI?" O, se vogliamo dirlo in italiano, "dalle sfide poste dalle nuove tecnologie alle difficoltà dei legislatori: è ancora possibile regolamentare il ciberspazio e l'intelligenza artificiale?". Questo il titolo con cui ieri, all'Università della Svizzera italiana, il Professor emerito Bertil Cottier, membro dell'Istituto di diritto, ha tenuto una Lectio Magistralis, un intervento per esplorare come in un mondo digitale in continua evoluzione la dimensione legislativa incontri sempre più difficoltà a stare al passo con i cambiamenti che derivano dall’avvento delle nuove tecnologie, che ha rappresentato anche la sua lezione d'addio alla comunità accademica dell'Usi, che ha lasciato dopo quasi due decenni. Un'occasione per parlare di media e di tecnologia, ma anche dello studio commissionato dall'Ufficio federale delle comunicazioni (UFCOM), secondo cui gli svizzeri hanno poche conoscenze in materia di media e in molti fanno fatica a distinguere un'informazione da una pubblicità o da un commento.
In rete circola un video, creato da Striscia la Notizia e fatto con l'intelligenza artificiale. Un contributo deep fake, ovvero falso, che molte persone giudicano vero. È preoccupante questa tendenza?
"È molto preoccupante, l'impatto dei deep fakes rappresenta una preoccupazione a livello internazionale. La soluzione è quella di migliorare l'educazione all'intelligenza artificiale e all'impatto di queste tecniche sulla vita reale".
Chi può essere ritenuto legalmente responsabile di ciò che l'intelligenza artificiale produce?
"Non posso dare una risposta chiara a questo problema, ma secondo me la persona che utilizza l'intelligenza artificiale per ottenere un determinato obiettivo è sempre responsabile".
Internet è, per definizione, globale. I singoli Stati che possibilità hanno per porre dei limiti? Possono farlo concretamente?
"Il problema è proprio questo: essendo globale, la soluzione ideale sarebbe rappresentata da un trattato mondiale sulla tematica. Tutti gli Stati sovrani devono accettare le stesse regole, ma è una cosa ideale. L'Unione europea, ad esempio, recentemente ha regolamentato l'intelligenza artificiale, ma le regole valgono solo per i paesi membri dell'Ue. Bisogna comunque dire che esiste la possibilità di avere un impatto sulle grandi aziende tecnologiche statunitensi, perché nella regolamentazione dell'Ue c'è una clausola che sancisce come anche le ditte extra europee che hanno un impazzo sui residenti europei, devono seguire e rispettare queste leggi".
La Svizzera cosa può fare?
"Nel mese di gennaio dovrebbe arrivare un rapporto del Consiglio federale sull'Intelligenza artificiale e i problemi da lei causati. Devo comunque dire che la Svizzera, per tradizione, segue le regole 'aspettiamo e vediamo', quindi aspetterà i risultati di quanto deciso dall'Unione europea".
Cosa pensa dello studio pubblicato dall'Ufcom? Anche i giornalisti hanno una responsabilità?
"Mi ha stupito il risultato dello studio, per me è gravissimo. Quando i cittadini non riescono a capire la differenza tra pubblicità e notizie, c'è un problema. Come risolverlo? Bisogna migliorare l'educazione ai media. Le scuole scuole non devono solo educare i bambini a diventare buoni cittadini, ma anche a capire il ruolo dei media nella società. Ma c'è anche un altro problema: l'impaginazione di alcuni giornali rende più difficoltoso distinguere una pubblicità da un editoriale".