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"Tagli che fanno male, 5,5 posti di lavoro in meno sono davvero tanti su una trentina di dipendenti". L'Associazione ticinese dei giornalisti - vicina ai colleghi toccati dai licenziamenti - commenta così la notizia di questa mattina relativa alla ristrutturazione in corso presso il foglio bellinzonese, che ha deciso di tagliare il suo organico a causa del forte calo delle entrate pubblicitarie, "che fa sempre più male al settore". Per la Regione, precisa ATG, si tratta del 15% in meno rispetto al 2024. "C’è chi lavora in questo giornale da una trentina d’anni e momenti come questo sono molto duri. ATG sarà al loro fianco per la ricerca di soluzioni che possano modificare la decisione dell’editore Salvioni". Dal canto suo, la direzione si è detta disposta ad accogliere delle controproposte ai tagli annunciati e al momento la redazione si sta consultando proprio su questo anche se i tempi per farlo sono molto stretti. "ATG è consapevole che la riduzione delle entrate pubblicitarie è pesante, si rammarica però che la tempistica della comunicazione dell’editore sia molto stretta, la ristrutturazione scatta a partire già da venerdì prossimo, 28 febbraio. Due giorni di tempo per analizzare la situazione con le persone coinvolte e per capire se ci possano essere soluzioni alternative e meno gravose sono davvero pochi. Questo mette in grande difficoltà le persone licenziate".
Aiuti alla stampa
Nel suo comunicato stampa, ATG ha voluto mettere in evidenza "la passività della politica". Ben cinque anni fa ATG aveva sostenuto la presentazione in Gran Consiglio di un’iniziativa parlamentare generica – preparata da Lorenzo Jelmini e firmata da tutti i partiti, tranne l’UDC – che chiedeva di affrontare il tema degli aiuti pubblici (indiretti) ai media ticinesi. "Ebbene quell’atto parlamentare è da allora fermo in Gran Consiglio, dimenticato in qualche cassetto". E anche a livello federale il mondo della politica "è (quasi) del tutto dormiente di fronte alla crisi dei media". Un nuovo pacchetto di aiuto ai media è ancora in discussione a Berna, "ma si tratta di un sostegno di base, il settore avrebbe bisogno di ben altro e non di cerottini. Una passività che rischia di avere delle gravi conseguenze sul dibattito democratico nel nostro Paese, di cui i media sono un importante e insostituibile vettore".
Crollo delle entrate pubblicitarie
Ogni anno il mercato pubblicitario svizzero sui media online viene fagocitato dalle grandi piattaforme statunitensi – Google & Co. La pubblicità svizzera – come confermato da studi che indicano un volume superiore ai 2 miliardi di franchi all’anno - "va a nutrire le big-tech americane. E questo senza che il mondo della politica si sia finora mosso per frenare questo flusso finanziario al di fuori dei confini nazionali. Su questo punto la responsabilità della politica è grande. Come è possibile che un mercato svizzero non venga difeso dalla politica svizzera? Le gravi difficoltà dei media oggi sono dovute anche, e soprattutto a questa grave passività delle nostre autorità", conclude la nota.