
1. Di fronte al mistero della morte e della sofferenza le parole non sono sufficienti per superare lo sconcerto del cuore, tanto meno lo sono di fronte a questa morte assurda e sconvolgente. Le parole sembrano perdere forza e le labbra tendono a restare mute. Si vorrebbe solo piangere. Ma ogni essere umano si interroga di fronte alla morte. Nei nostri cuori, infatti, fin dall’inizio, è stato impresso il desiderio di una vita senza fine. Noi sentiamo che il nostro traguardo ultimo non può essere la morte, ma la vita. Per questo ogni volta che incontriamo la morte sul nostro cammino ci sorprende e ci sconvolge. La morte sembra soffocare quell’anelito a vivere per sempre, che ogni uomo e donna, creati ad immagine di Dio, sorgente e compimento della vita, avvertono nel profondo del cuore. Tanto più in questa circostanza, contraria ad ogni umana ragionevolezza e ad ogni legge biologica Una sola è la parola in grado di gettare un raggio di luce sulle tenebre che circondano la morte, in particolare questa morte. Noi crediamo che la risposta agli interrogativi, che di fronte alla morte si alzano come grida verso il cielo, ci è data in Cristo, morto e risorto, e nella sua parola che non passa. L’anelito del nostro cuore ritrova luce e conforto nella parola di Colui che ha detto: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno” (Gv 11,25-26). Vorrei che tutti potessimo comprendere come l’unica luce che non tramonta sul nostro cammino, anche nei giorni più oscuri, è la parola di Dio, che mai passa e mai delude. 2. E’ il primo messaggio che ci viene da Damiano, dalla sua morte assurda, che non riusciamo ad accettare. E’ la risposta più radicale, ma è anche l’unica concreta, che non ci fa perdere il contatto con lui: credere che Damiano vive; è vivo in un’altra dimensione, è in una nuova realtà, così che il nostro rapportarci con lui continuerà ad essere vivo, a rimanere intenso, ad accompagnare i nostri giorni nell’attesa del ricongiungimento con lui. Dice Gesù: “Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà”. Noi vogliamo credere, come Damiano credeva; gli chiediamo di aiutarci a superare i dubbi, a vincere l’angoscia e la disperazione che scuote i nostri cuori, a diradare le nebbie e le oscurità che mettono in rivolta il nostro spirito. La sua morte umanamente disperante diventa così un annuncio di vita, una provocazione alle nostre superficialità, un richiamo alle ragioni vere e profonde dell’esistenza. Fuori da questa visione c’è spazio solo per l’assurdo, la rabbia, la disperazione. “Chi crede in me anche se muore, vivrà”. Il senso dell’affermazione non è la garanzia di una perennità della vita fisica, ma va ricercato nell’espressione “vita eterna”. Gesù è molto chiaro sul fatto di non lasciare illusioni a proposito della morte corporale, alla quale anche chi crede andrà incontro. Essa però per il credente non sarà totalmente distruttiva; costituirà un passaggio, per quanto oscuro, una trasformazione per quanto dolorosa, verso quel dono di vita traboccante, che la fede ha già arrecato in colui che crede. 3. Un saluto lasciato sul luogo del calvario di Damiano diceva: “Dami sempre con noi”. E’ promessa certo sincera, desiderio generoso, ma conoscendo la fragilità e l’effimero che guida il cuore dell’uomo, questo nostro auspicio si realizzerà solo se noi sapremo essere sempre con lui, solo se lo sapremo incontrare là dove lui è. Non basta credere a un’idea generosa, a un’astrazione, affidarsi a un sentimento per quanto nobile e grande. Bisogna credere in una persona viva e concreta: Gesù. E’ lui che dona la risurrezione. L’aveva detto più volte: “Chiunque crede in me, io lo risusciterò nell’ultimo giorno”, ma Gesù usa qui un’espressione ben più sorprendente, che non si trova da nessun’altra parte, in nessun’altra proposta religiosa, quando dice: “Io sono la risurrezione e la vita”. Gesù non è soltanto colui che concede la risu
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