![L'ultimo atto d'accusa di Carla Del Ponte](https://dexter-cdn01.gruppocdt.ch/ticinonews/stories/historical/960x640/62e19db0-47ba-4257-b308-02f2c18b2419.jpg)
"Certe chiamate arrivano sempre all’improvviso… mi trovavo ad Ascona, stavo per colpire la pallina da golf, ma siccome le regole del club vietano l’utilizzo del cellulare per rispondere mi spostai sul bordo del campo. Era Jean Daniel Ruch del DFAE… La Svizzera voleva propormi come candidata per una commissione d’indagine dell’ONU".
Da quel giorno Carla del Ponte comincia ad indagare sul conflitto siriano. Un’esperienza che finisce 6 anni dopo con una porta sbattuta e una gran frustrazione, non aver ottenuto giustizia. L’ex magistrata ha deciso di rompere il silenzio e raccontare l’irraccontabile attraverso le pagine del suo libro presentato ad una serata pubblica promossa dallo Zonta Club Locarno. Partiamo dal titolo, chi sono gli impuniti?
"Sono gli alti responsabili politici e militari di tutti i crimini che sono stati e che vengono commessi in Siria, a cominciare dal presidente Assad. Ma anche dall'altra parte ci sono degli impuniti, diversi li abbiamo identificati, bisognerà poter fare un'inchiesta ma ci vuole un tribunale e un ufficio procuratore", risponde ai microfoni di TeleTicino l'ex procuratrice capo del Tribunale penale internazionale per l'ex-Jugoslavia.
Ma alla base di questo, spiega, ci vuole la volontà degli stati. Nei suoi 6 anni alla Commissione d'inchiesta dell'ONU sui crimini di guerra in Siria, di prove ne ha raccolte fin troppe. "Non ho mai visto un conflitto così feroce", prosegue Carla Del Ponte, "bambini torturati e uccisi, raid d’artiglieria contro ospedali oppure contro le persone in fila per il pane".
Un orrore quotidiano, reale e documentato. Eppure, non è successo niente.
"Ho lasciato per protesta l'anno scorso, anche perché non volevo più essere alibi della comunità internazionale che non si faceva niente. All'ONU non funziona perché il consiglio di sicurezza non può mettere in piedi un tribunale come ha fatto per la ex Jugoslavia perché la Russia fa valere il diritto di veto. Quindi il blocco è politico", puntualizza l'ex procuratrice.
Sono troppi gli interessi strategici in gioco che non permettono di fare giustizia. Eppure è questa l’unica cosa che conta per chi nella guerra ha perso tutto.
"La domanda di giustizia è grande e quando l'hanno ottenuta si vede come l'ottenere giustizia lenisca questo loro dolore immenso, perché hanno perso la famiglia, i figli, hanno perso tanti cari che sono stati uccisi barbaramente. Ottenere giustizia per loro vuol dire sopportare un po' più facilmente quello che è successo", prosegue Carla Del Ponte.
Un libro di denuncia che punta il dito contro i giganti e che solo se ti chiami Carla del Ponte puoi permetterti di scrivere. Un ultimo atto d’accusa prima di ritirarsi a vita privata, come conferma l'ex magistrata ticinese: "Ho un gran bisogno di riposare anch'io, non sono più giovanissima ed è giunto il momento di calmarsi un po'. Poi vedremo".
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