Bellinzona
Mafia bulgara, al via il processo d'appello per riciclaggio di denaro
©Gabriele Putzu
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Keystone-ats
4 ore fa
Di recente UBS ha cercato di ottenere l'archiviazione del procedimento. Il leader bancario elvetico sosteneva che la scomparsa di Credit Suisse dovesse avere le stesse conseguenze della morte di una persona fisica.

Si apre oggi davanti al Tribunale penale federale (TPF) di Bellinzona il processo d'appello sul riciclaggio di denaro della mafia bulgara, che in primo grado ha visto Credit Suisse condannata. In seguito all'acquisizione dell'ex rivale, sarà questa volta UBS a doversi presentare sul banco degli imputati. Di recente UBS ha cercato di ottenere l'archiviazione del procedimento. Il leader bancario elvetico sosteneva che la scomparsa di Credit Suisse dovesse avere le stesse conseguenze della morte di una persona fisica.

Interpretazione UBS respinta

In una sentenza resa nota a inizio settembre, la Corte d'appello del TPF ha però respinto questa interpretazione. Essa ha sottolineato che le due banche avevano attività simili e che l'accordo di fusione prevede non solo la ripresa del capitale gestito, del personale e dei locali di Credit Suisse, ma anche della sua "posizione in tutti i procedimenti legali, arbitrali e amministrativi". In primo grado, alla fine del mese di giugno del 2022, Credit Suisse era stata condannata a pagare una multa di 2 milioni di franchi e un risarcimento di 19 milioni. L'istituto era stato ritenuto colpevole di aver aiutato l'organizzazione di Evelin Banev, capo di una rete criminale che importava decine di tonnellate di cocaina in Europa, a riciclare parte dei proventi dell'attività.

Altri imputati

Gli altri quatto imputati avevano invece ottenuto la sospensione parziale o completa della pena. Una di loro, che gestiva i fondi di Credit Suisse, nel frattempo è morta. La banca e due dei coimputati hanno in seguito inoltrato ricorso. Ma anche il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha fatto altrettanto e non è quindi escluso che la pena venga aumentata: la procura federale aveva infatti chiesto una multa di 5 milioni - il massimo previsto dalla legge - e un risarcimento di 41 milioni.