Voci natalizie
Maurizio Dattrino: "L'esercito si è ammorbidito? No, si è adattato alla società"
©Gabriele Putzu
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Redazione
3 giorni fa
Il comandante della Divisione territoriale 3 si racconta a "Non è sempre Natale" e parla del suo passato e del periodo emotivamente significativo della catastrofe in Vallemaggia.

Dopo la catastrofe che ha colpito la Vallemaggia la scorsa estate, il comandante della Divisione territoriale 3 Maurizio Dattrino si racconta a "Non è sempre Natale". L'esponente dell'esercito coordinava insieme al suo battaglione i soccorsi e la ricostruzione del ponte di Visletto. Immagini che hanno fatto il giro della Svizzera e dell'Europa. Dattrino decide di spendere parole significative e toccanti inerenti a quel periodo: "È stato qualcosa dal punto di vista personale molto arricchente ed emozionante".

Cosa è stata l’esperienza della ricostruzione del Ponte di Visletto per lei?

È stata un’esperienza arricchente soprattutto dal punto di vista umano. Toccare con mano la catastrofe in Vallemaggia, vedendo i militi impegnati nelle varie operazioni di soccorso e sentendo i ringraziamenti della popolazione valmaggese è stato qualcosa dal punto di vista personale molto arricchente ed emozionante.

Dove ha colto la voglia da parte di molti ragazzi di aiutare?

Alcuni militi impegnati nei soccorsi erano ragazzi di 20 anni stavano seguendo la scuola reclute in ferma continua. Non conoscevano il Ticino e la Vallemaggia. Vedendo lo spirito con il quale affrontavano questi lavori e sentendo i commenti si è colta l’importanza di quello che stavano facendo. Un mio superiore, una sera, ha chiesto ai militi se avessero tempo per andare a bere una birra. Un ragazzo ha risposto che non erano lì per bere, ma per lavorare.

Cos’è la Divisione territoriale 3?

Io sono responsabile del Canton Ticino, Grigioni, Uri, Svitto e Zugo. Ogni cantone in Svizzera ha un partner militare e si costituiscono le Divisioni territoriali. Oltre a fare da tramite con i vari cantoni, sotto di me ho subordinato sette battaglioni. La Divisione territoriale si occupa poi della gestione delle infrastrutture militari e coordina l’occupazione delle infrastrutture di questi 5 cantoni.

Da giovane cosa pensava dell’Esercito?

Da giovane non era un tema, anche perché a casa non ho vissuto una vita militare. Mio nonno aveva fatto la Seconda guerra mondiale, ma in cucina. All’epoca io avevo in mente lo sport. Ero guardalinee in Serie A già a 20 anni e avevo solo questo in testa. Non avrei mai pensato di indossare la divisa per così tanto tempo.

Che ricordi conserva della sua Scuola Reclute?

Era ad Airolo nel 1986. Era un ottimo ambiente. È stata un’esperienza bellissima con i camerati. Tra noi c’è stato anche qualche episodio goliardico. È stata estremamente dura, anche perché si camminava tanto. Mi trovo ancora con qualche camerata e ricordiamo ancora alcuni episodi.

Com’è cambiata oggi la Scuola Reclute?

È cambiata, come sono cambiati i quadri e la società. L’esercito si è adattato alla società. Ai nostri tempi c’erano delle situazioni e delle punizioni diverse che poi in futuro ho commesso anche io. Mi chiedo ancora adesso come poteva saltarmi in mente. All’epoca si faceva perché probabilmente eravamo abituati anche a casa. Siamo cresciuti con uno stile prussiano. L’esercito non si è ammorbidito. Si è adattato ai tempi e alla società. Io non mi comporto con mia figlia come mio padre si comportava con me.