È iniziata oggi all'USI la volata finale della settima edizione del MEM (Middle East Mediterranean summit) organizzato in collaborazione con il DFAE. Un'occasione di confronto e di dialogo su un'area complessa segnata da conflitti. Ticinonews si è quindi recato direttamente al summit, dove l’elemento di valore centrale riguarda il tentativo di far dialogare sull’area estremamente complessa del Mediterraneo e del Medioriente, segnata da sfide non semplici. Ma cosa significa far dialogare? Significa costruire in Svizzera una sorta di piattaforma sicura in cui i Paesi che generalmente non avrebbero occasione di conversare in maniera sistematica a casa loro possono farlo con esponenti che vengono ad esempio da Israele, ma anche dalla Palestina, dal Libano e dall’Iran. Un momento di incontro, di partecipazione ad eventi e scambio di idee, così come uno sguardo al futuro su cui confrontarsi. Un evento importante al quale ha partecipato anche il consigliere federale Ignazio Cassis.
Un summit diviso in due
Il summit è diviso in due. Da un lato si è svolto - fino a questa sera - il seminario a porte chiuse riservato ad un gruppo di giovani selezionati, mentre - sempre oggi - ha preso il via il forum, che sarà invece aperto al pubblico. Parlare di Mediterraneo e di Medioriente significa parlare di un mondo estremamente vasto, che va dalla guerra fra Israele e Hamas al conflitto scoppiato anche in Libano, alle tensioni del conflitto, fino alla minaccia posta dai ribelli in Yemen, al ruolo dell'Iran, al problema della tratta dei migranti nel nord Africa. Noi ci siamo concentrati sul tema dialogo e giovani raccogliendo due voci: quella di un giovane libanese di Beirut che vive a Ginevra, ma la cui famiglia è attualmente in Libano. Lui ci ha raccontato quello che si sta vivendo nel Paese. Dall'altra parte abbiamo la voce di un israeliano attivo nella costruzione di processi di pace che viene da Tel Aviv.
Azar: “Tutti sentiamo lo stesso dolore”
“Penso che il messaggio più importante che noi tutti stiamo portando venendo qui al summit è quello che siamo tutti esseri umani”, ci dice Elio Azar, peacebuilder in Libano. “Tutti sentiamo lo stesso dolore, comparare queste situazioni tragiche che stiamo vivendo è come la definizione perfetta di perdere una partita. Penso che tutti questi giovani che sono venuti qui in Svizzera a Lugano abbracciano questo messaggio, quello che siamo tutti umani e come tali possiamo non essere d'accordo, avere punti di vista differenti rispetto a quel che sta succedendo ma forse possiamo cominciare a costruire una visione di quello che invece dovrebbe accadere, di che tipo di mondo vogliamo per viverci. Spero che questa comunità di giovani possa iniziare a formarsi qui e portare qualcosa indietro nel proprio paese e condividere anche tutto ciò che di positivo c'è una volta tornati a casa”
Vizel: “Consideriamo l’Europa come un continente di pace”
Dal canto suo, Tom Vizel – alumno MEM da Israele – ha voluto dapprima sottolineare che per lui “è davvero un’esperienza significativa e sono qui per la terza volta di fila. Credo che questo summit sia una piattaforma potente per creare connessioni fra giovani vani e giovani che ambiscono a cambiare le cose nella regione del Mediterraneo Medioriente. È una piattaforma che va avanti da sette anni e chiaramente quest’anno, con le guerre in corso, la sfida è più alta. Ma per me che vengo da Israele ma sono anche parte del MEM, il messaggio è che siamo tutti qui per condividere e creare un dialogo significativo per parlare del futuro e delle sue alternative, siamo qui per sognare insieme come giovani. Abbiamo parlato delle guerre in corso, ma anche dei cambiamenti climatici, di economia, e addirittura di architettura per capire assieme la regione nella sua globalità. Consideriamo l’Europa come un continente di pace dove quasi non ti rendi conto che stai attraversando i confini e tutto è rivolto all’apertura. E il sogno è che il Medioriente possa fare una trasformazione di questo tipo. Ma servono dei giovani leader per fare un cambiamento del genere. Il Mem è la piattaforma giusta per parlare di questo”.
La vita in Palestina oggi
La vita in Palestina è completamente cambiata nell’ultimo anno, ma anche in Israele le cose sono cambiate molto. Com’è la vita di tutti i giorni in Israele oggi? “È davvero difficile”, ci dice sempre Vizel. “Il 7 ottobre c’è stato questo trauma nazionale che continua tutt’oggi, con il rapimento di oltre 100 ostaggi. Penso che per un israeliano l’ultimo anno sia stato molto spaventoso. E per me che vivo nel centro di Israele, ma con una moglie e una figlia a un’ora di distanza. Spesso corrono nei rifugi perché ci sono le bombe. Questi sono eventi di vita quotidiana che continuiamo a vivere in Israele. Spero che potremmo vedere dei cambiamenti nel futuro prossimo. Il mio cuore sta con tutti i miei fratelli e le sorelle dei paesi vicini, anche se i nostri paesi sono in conflitto in questo momento. Qui al forum ho potuto parlare non di nazionalità, ma di esseri umani. E ho avuto l’opportunità di relazionarmi e di sentire il dolore di mia madre e delle madri dei miei fratelli in Libano e so che stanno condividendo lo stesso dolore quando sono spaventati per la vita dei loro figli o per le loro famiglie. È molto doloroso. Ma non abbiamo nient’altro da fare che combattere per delle alternative di un futuro diverso. Senza il terrore che sta influenzando tutto il mondo e la nostra regione”.
Farmanfarmaian: “Per un po’ non vedremo la risposta dell’Iran”
Al summit di Lugano era presente anche Roxanne Farmanfarmaian , esperta di Iran e Paesi del Golfo. Con lei abbiamo toccato e parlato del ruolo dell'altro grande attore oggi attivo sullo scacchiere mediorientale, ovvero l'Iran, che in questi giorni sta ribadendo a gran voce la propria volontà di rispondere al recente attacco israeliano con una controffensiva dallo stesso Iran definita brutale, ma sarà davvero così? “Penso che tutti siamo preoccupati per la situazione in Medioriente dove si sta vivendo un’escalation. Penso che al momento possiamo immaginare di avere ancora un po’ di tempo, perché l’Iran non ha risposto immediatamente all’ultimo attacco di Israele. E ovviamente ci sono state le elezioni negli Stati Uniti. Donald Trump risponderà a qualsiasi mossa dell’Iran probabilmente supportando in maniera molto forte Israele. Come ha fatto in passato. Quindi il mio punto di vista è che probabilmente non vedremo per un po’ la risposta dell’Iran, anche se abbiamo visto con chiarezza che l’Iran sta muovendo armi in varie aree per facilitare un eventuale attacco. Penso che un’altra cosa che sappiamo è che l’ultimo attacco israeliano abbia danneggiato parecchio le infrastrutture iraniane a protezione i suoi siti petroliferi e i suoi siti nucleari. Dovremmo andare nella direzione di un ping-pong in questo senso? Il fatto è che Israele è nella posizione di arrecare dei danni molto profondi su Iran più di quello che abbiamo visto finora”, ha concluso l’esperta.