
“Ciao. Mi metti una firma contro la droga?” Con questa modalità alcuni passanti in via alla Ramogna a Locarno sono stati avvicinati sabato da un gruppetto di ragazzi volontari che fanno capo a un’associazione con sede in Italia, la Lautari. Una modalità che ha suscitato più di un interrogativo visto che non si capisce bene lo scopo dell’iniziativa.
Sul loro sito si legge che la Lautari, fondata nel 1992, è una “comunità terapeutica di orientamento pedagogico riabilitativo specializzata nella disintossicazione e riabilitazione delle persone dipendenti da alcool e droghe”. La sede centrale si trova a Brescia, mentre delle unità locali si trovano a Como, Firenze, Roma e Pordenone. La cooperativa, si legge sempre sul sito, è iscritta al Registro delle Imprese di Brescia ed è riconosciuta e autorizzata al funzionamento dalla Regione Lombardia. Tuttavia sono diversi i siti e blog italiani che, seppur non approfondendo la questione, mettono in dubbio l’operato dei volontari, soprattutto per quel che concerne il modus operandi della raccolta firme e la loro reale utilità. Ci siamo quindi rivolti direttamente alla cooperativa di Como per capire le sue intenzioni.
“Siamo una comunità autogestita per il recupero di tossicodipendenti”, ci spiega Luca Pegorarotto, che fa parte della comunità lariana e che sabato si trovava nella città sul Verbano per raccogliere le firme. “Chiediamo solo nome, città e professione. Chi vuole può devolvere anche donazioni alla comunità, ma non c’è nessun obbligo ed è assolutamente a titolo volontario. Per chi può, chiediamo un aiuto, inviando una regolare ricevuta”.
Di cosa si occupa esattamente la comunità?"In comunità produciamo olio, vino e svolgiamo altre attività artigianali e agricole. Un processo riabilitativo, seguito da esperti, per reinserirsi nel tessuto sociale, familiare e lavorativo. Ma anche un modo per finanziare la comunità. Non percepiamo infatti alcun aiuto dallo Stato italiano. A differenza di enti statali però non facciamo uso di metadone, che reputiamo essere una droga, e il nostro programma, del tutto gratuito per le famiglie, dura molto di più dei soliti 18 mesi. Può andare fino dai 3 ai 5 anni. Io stesso ci sono passato e la comunità mi ha salvato. C’è anche chi, al posto di farsi il carcere, può scalare la pena trascorrendo il periodo in comunità, anche se questi casi sono piuttosto un eccezione".
Siete in possesso di un’autorizzazione per posizionare la bancarella?"Si certo, abbiamo la regolare autorizzazione concessa dal comune di Locarno (autorizzazione che è stata confermata dalla polizia comunale, contattata da Ticinonews, ndr). Possiamo venire una volta al mese, la prossima sarà il 10 novembre. Siamo presenti anche a Lugano, in Piazza Dante, di fronte alla Manor. È circa tre anni che veniamo in Ticino. Ci siamo fatti conoscere anche da alcuni parroci, che sostengono la nostra iniziativa".
Ma perché venire fino in Svizzera?"Ne vale la pena. Oltre a raccogliere firme per la comunità, è un modo per farci conoscere ed essere presenti, anche perché potremmo aiutare alcuni ragazzi confrontati con questo problema. La comunità è aperta non solo per chi ha problemi di droga, ma anche con alcol, videopoker e ludopatia. Un ragazzo svizzero per esempio è presente con noi in comunità a Roma".
Com’è stato finora il riscontro della popolazione?"Dipende dalle persone. C’è chi è diffidente e ci risponde male, chi invece si dice interessato e chiede informazioni, come una madre che ha chiesto un colloquio per suo figlio".
© Ticinonews.ch - Riproduzione riservata