
“Quello al volante non ero io”. Una frase abbastanza classica, pronunciata da chi è incappato in uno dei tanti ‘flash’ di un radar. Ed è stata anche la giustificazione addotta da una 60enne cittadina tedesca che era stata pizzicata alle 14.20 del 16 giugno 2015 mentre circolava con un veicolo a lei intestato sull'autostrada A2 in territorio di Airolo in direzione nord, a una velocità di 114 km/h (dedotto il margine di tolleranza), laddove vigeva un limite di 80 km/h.
Preso atto del rapporto di polizia, la Sezione della circolazione aveva proposto la condanna a una multa di 440 franchi. Il decreto d'accusa, non impugnato, era passato in giudicato e l'interessata aveva pagato il citato importo nel settembre 2016.
Sul fronte amministrativo, però, il 24 febbraio 2017 la Sezione della circolazione aveva deciso di revocarle la patente e aveva emanato un divieto di circolare sul territorio svizzero per la durata di un mese (dal 28 aprile al 27 maggio 2017). Il provvedimento era stato confermato il 5 settembre 2018 dal Consiglio di Stato, che aveva ritenuto inverosimile la tesi dell'insorgente secondo cui alla guida del veicolo, a disposizione anche della sua azienda, vi sarebbe stato un suo collaboratore. Adito dall'interessata, con giudizio del 26 marzo 2019 il Tribunale cantonale amministrativo (TRAM), sostituita la revoca della licenza di condurre straniera con il divieto di guidare sul territorio svizzero, ne aveva respinto il ricorso. La donna si era quindi rivolta al Tribunale federale (TF) chiedendo l’annullamento della decisione della Sezione della circolazione relativa alla revoca della licenza di condurre, nonché quelle della Corte cantonale e del Consiglio di Stato.
I giudici di Mon Repos hanno rigettato la tesi dell’infrazione commessa da un suo collaboratore, peraltro deceduto poco più di un anno dopo i fatti. “Dalla foto scattata dal radar” – ha spiegato la Corte – “non si piò riconoscere il volto della persona alla guida ma si evince chiaramente che non porta i baffi, come parrebbe essere il caso del collaboratore”.
La donna aveva inoltre affermato di trovarsi in Germania per il compleanno della madre al momento dei fatti. Sia la Corte cantonale che quella federale hanno però ritenuto che l'eccesso di velocità compiuto alle ore 14.20 “renderebbe piuttosto verosimile ch'essa si affrettasse in direzione nord per raggiungere la festeggiata entro l'ora di cena o comunque entro sera, visto il tempo di percorrenza di circa 5 ore” per la tratta tra Airolo e il comune di residenza dell’anziana. Il ricorso è stato dunque respinto e la 60enne dovrà pure farsi carico di 3'000 franchi di spese giudiziarie.
(Sentenza 1C_249/2019 del 5 luglio 2019)
Foto d'archivio
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