Si era presentato come un principe ricchissimo ma in crisi di liquidità perché faticava a incassare l’abnorme eredità lasciatagli dal nonno, 178 miliardi di dollari in titoli tedeschi. E attivamente ha fatto in modo che i tre uomini d’affari prendessero le sue parole per oro colato e non facessero troppe domande, anzi imponendo loro la segretezza. È con queste motivazioni la la Corte delle assise criminali, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta, ha condannato sedicente principe, un 66enne italiano, per truffa per mestiere e falsità in documenti. La pena è di sei anni e l’uomo è stato espulso dalla Svizzera per dieci anni. La Corte non ha accolto la tesi della difesa, secondo cui la mancanza di controlli da parte delle vittime renda inattuabile l’imputazione di truffa. Secondo i giudici l’uomo ha agito in tutti i modi per ingannare le sue vittime, i tre imprenditori del Mendrisiotto che gli hanno versato quasi 13 milioni di franchi.
I dubbi irrisolti: è davvero un principe?
Il processo, che ha occupato per due giorni il Tribunale penale cantonale, non ha però risolto alcuni dubbi. Il giudice Amos Pagnamenta, motivando la sentenza, ha infatti spiegato come non sia possibile fare chiarezza fino in fondo sul titolo nobiliare dell’uomo. Sul fatto che sia davvero un discendente dell’ultimo imperatore di Etiopia Hailé Selassie sussistono comunque seri dubbi, ha detto il giudice. Dubbi rimangono anche su come i titoli tedeschi siano arrivati nelle sue mani e non si è riusciti a chiarire se questi si sarebbero mai potuti incassare, la corte tuttavia ritiene che ciò fosse “molto improbabile o impossibile”. Proprio perché con i milioni sottratti ai tre imprenditori ticinesi l’uomo avrebbe potuto ingaggiare i migliori avvocati e fare causa allo Stato germanico.