Combattere il rischio di contagio da peste suina, aumentando l’abbattimento di cinghiali. È questa, con una sintesi brutale, la nuova strategia del Cantone in vista dell’apertura della stagione venatoria del 16 novembre. A riferirlo, un comunicato congiunto firmato dai Dipartimenti del territorio, istituzioni, sanità ed economia. In concreto, il progetto è quindi rivolto alle cacciatrici e ai cacciatori, ai quali sarà offerto un punto di ritiro a Rivera dove consegnare i cinghiali abbattuti. Gli animali considerati idonei al consumo, ovvero ineccepibili dal punto di vista della qualità della carne, saranno ritirati e remunerati con un compenso di 4 franchi al chilo.
Pedevilla: “Non andiamo a sostituirci all’economia privata”
A spiegarci meglio il tutto è stato Ryan Pedevilla, capo della Sezione del militare e della protezione della popolazione. “A partire da questo fine settimana, presso il centro della Protezione civile di Rivera abbiamo creato un punto collettore. Durante gli orari definiti, nei weekend e nelle giornate di caccia sarà possibile consegnare gli animali, che verranno pagati 4 franchi al kg”. Pedevilla ha poi precisato che la prova della trichinella sarà a carico del Cantone, che gestirà poi la carne direttamente per un uso interno. “Non andiamo quindi a sostituirci a un’economia privata, bensì ad essere un elemento in più che incentiva la caccia al cinghiale per ridurre drasticamente la popolazione all’interno del territorio cantonale”.
Dove andrà la carne
Ma dove finirà questa carne? Gli animali ritirati al centro di Rivera saranno trasportati in un laboratorio di sezionamento e lavorati da un macellaio. La carne sarà poi utilizzata all’interno della rete di refezione gestita dal Cantone come, ad esempio, nelle mense scolastiche. Ricordiamo che la peste suina africana (PSA) è una malattia innocua per gli esseri umani, ma molto pericolosa per i cinghiali e i maiali da allevamento. Al momento l’infezione non ha ancora raggiunto la Svizzera, ma la sua diffusione nel Nord Italia lascia presagire che anche il Cantone Ticino ne potrebbe essere toccato. “Oggi abbiamo la malattia molto vicina al nostro territorio. Fortunatamente, però, al momento non siamo ancora nelle condizioni di dover imporre restrizioni. Ma se il numero di esemplari in Ticino dovesse risultare eccessivo e se la malattia dovesse arrivare anche qui, andare a ricercare gli esemplari infetti ed eliminarli implicherebbe costi decisamente importanti. Se dovessimo avere, ad esempio, 4mila esemplari infetti le conseguenze – anche solo pratiche – sarebbero importantissime”.
Bacciarini: "Nessun rischio per la salute pubblica"
Insomma, la carne alla fine finirà nella rete di refezione cantonale, fra cui le mense scolastiche. Qui la precisazione è d’obbligo: la carne sarà scrupolosamente controllata prima del suo utilizzo. Di questo ne abbiamo parlato con il veterinario cantonale Luca Bacciarini, il quale ci ha spiegato che in questo momento in Svizzera e in Ticino “non abbiamo la malattia. Quindi questi cinghiali che verranno cacciati nei prossimi mesi e poi inseriti nel progetto pilota sono esemplari sani, che non hanno il virus. Si tratta di animali che verranno comunque controllati, dunque il consumo di quella carne – sempre se cucinata in modo consono – non costituisce nessun problema per l’essere umano, dai bambini agli anziani. E questo va sottolineato". Inoltre, se la malattia dovesse arrivare nel nostro cantone, "anche gli animali cacciati che vivono al di fuori delle zone infette saranno testati. Non c’è quindi nessun problema di salute pubblica, perché la carne in questione non contiene il virus della peste suina africana”.
Putelli: "L'obiettivo è gestire il problema in maniera ottimale"
Tiziano Putelli, capoufficio della caccia e della pesca del Canton Ticino, a Ticinonews ha spiegato come sia "fondamentale la collaborazione con i cacciatori per attuare il piano di prevenzione deciso dal Cantone". Questo perché "un cinghiale cacciato è una risorsa locale a chilometro zero che rischierebbe di diventare un problema con l'arrivo di questa malattia, poiché l'animale diventerebbe un rifiuto con un costo causato dallo smantellamento della carcassa in apposite strutture ubicate a nord delle Alpi". Insomma, "si tratta anche di ottimizzare la gestione finanziaria in ottica di un possibile sconfinamento della malattia in Ticino, visto che è molto vicina al nostro cantone". L'obiettivo, ha continuato Putelli, "è quello di mantenere una pressione costante sui cinghiali attraverso l'attività venatoria, così da ridurre i capi e gestire in maniera ottimale l'eventuale arrivo della peste suina africana". In ogni caso, ha concluso l'esperto, "le autorità sono pronte a intervenire nel caso in cui si dovessero verificare dei casi alle nostre latitudini".