
“Stavamo vendendo taralli a una fiera di Taranto, quando abbiamo conosciuto un anziano che ci ha raccontato che quando lavorava, trasportava denaro in Svizzera. “Ma che, parli lo svizzero?”, gli abbiamo chiesto. Così ci ha spiegato che la ditta era vicina al confine”. La ditta è la Loomis di Chiasso. “Era un’impresa di soldi. Nel primo sopralluogo abbiamo visto i camion. Abbiamo immaginato che fossero pieni. Con la fantasia si immaginava di sistemarci, noi, i figli, i nipoti”.
È iniziato così il tentato furto alla Loomis del febbraio scorso, secondo uno dei cinque imputati a processo oggi a Lugano. Dopo numerosi sopralluoghi, iniziati già a settembre 2017, il 26 febbraio la banda di pugliesi cercó di penetrare nel deposito dell’azienda, perforando il muro con una carotatrice. Il piano fallì e cinque persone furono arrestate, mentre il resto del gruppo si diede alla fuga. Altri cinque membri della banda sono stati poi arrestati in Italia.
I cinque, a processo davanti alla Corte delle assise criminali di Mendrisio, riunita a Lugano, sono tutti di Cerignola in provincia di Foggia. Sognavano di cambiare la propria vita, come ha spiegato uno di loro: “A me bastava riempire mezzo cofano della macchina. Li abbiamo visti che scaricavano i camion con i muletti, qualcosa di valore doveva esserci”. E in effetti, nell’azienda al momento del tentativo di furto erano depositati contanti per svariati milioni in diverse valute.
Ora devono rispondere di ripetuto tentato furto aggravato, danneggiamento aggravato e violazione di domicilio. Il capo d’imputazione di infrazione alla legge federale sulle telecomunicazioni, invece, sarà giudicato in separata sede, perché la Corte presieduta dal giudice Amos Pagnamenta ha ritenuto di non avere competenza essendo un reato penale amministrativo.
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