
È un grido d’allarme quello lanciato oggi sul Corriere del Ticino dall’Associazione ticinese delle stazioni di servizio (ATSS). Nelle zone di confine il calo delle vendite di carburante ha raggiunto picchi dell’80% dal 2019 ad oggi. A titolo di paragone, nel resto della Svizzera la contrazione è stata, nello stesso periodo, di appena il 3-4%. Secondo i dati forniti dall’associazione di categoria, i volumi di vendita di carburante stanno crollando a ritmi senza precedenti. Complice il franco forte, anche il pieno di «verde» ora è più conveniente in Italia, dove si assiste ad un turismo al contrario con anche gli elvetici che ora preferiscono fare gasolio o benzina oltre confine.
Futuro incerto
Sul fronte dei costi, l’incremento generalizzato delle spese - in particolare per l’energia elettrica - ha colpito duramente il settore. Si parla di una crisi strutturale senza precedenti per gli operatori ticinesi. "I fattori che alimentano la crisi - dal calo dei consumi all’elettrificazione dei veicoli, all’incremento del lavoro da remoto, fino all’aumento dei costi di gestione - si accumulano anno dopo anno", evidenzia Boris Martinoni, CEO di ECSA Energy e portavoce di ATSS, secondo cui sarà difficile tornare alla situazione precedente alla pandemia. Anche le previsioni per il futuro sono tutt'altro che rosee. La densità di punti vendita lungo il confine con l’Italia è destinata a ridursi nei prossimi anni, soprattutto quando i gestori dovranno decidere se investire nel rinnovo delle proprie stazioni di servizio. Dalle attuali 180 stazioni, ne sopravviveranno solo un centinaio, sostiene Luca Giampietro, esperto nel settore. Una lettura condivisa anche dall’ATSS, secondo cui "ormai sono inevitabili misure drastiche".