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Il 29 febbraio ricorre la giornata internazionale delle malattie rare. Tra queste, con un’incidenza di una persona su 150mila, figura anche la Porfiria, che in Svizzera affligge una 70ina di pazienti. Tra loro anche Rocco Falchetto, costretto a vivere lontano dai raggi del sole. A lui, fortunatamente, la patologia è stata diagnosticata presto, quando aveva all’incirca quattro anni. “È una malattia che colpisce la sintesi dell’emoglobina e provoca in pratica l’accumulo di una sostanza che è tossica quando viene colpita dal sole”, spiega Rocco ai microfoni di Ticinonews. “Assorbendo la luce solare si attiva, provocando delle reazioni fototossiche, con dei dolori che si sviluppano velocemente: è come se qualcuno appiccasse un incendio dall’interno". Da bambino “è molto difficile accettare di avere questa patologia e di non potersi dedicare alle stesse attività dei tuoi coetanei ‘normali’, come andare in piscina o in gita scolastica”.
Gli accorgimenti da adottare
Una vita che, dovendosi privare della luce solare, anche di quella indiretta, è fortemente condizionata in ogni minino dettaglio. “Il tipico gesto compiuto al mattino dal paziente con Porfiria è guardare l’app della meteo, vedere che tempo farà quel giorno e, a seconda delle previsioni, organizzarsi per vestirsi in maniera adeguata, ovvero con abiti lunghi, in alcuni casi guanti e protezioni per il viso”. Inoltre “per evitare le zone soleggiate, sull’autobus ci si siede nella parte in ombra e ci si sposta seguendo il movimento del mezzo, in modo da non ritrovarsi dove il sole incide. Si fa di tutto per evitare questo dolore traumatizzante”, puntualizza Falchetto.
Rimanere al buio fino a far scemare la reazione
Una malattia non solo invalidante per gli innumerevoli condizionamenti e rinunce, ma anche per il dolore a cui nessun farmaco risponde. “L’unica cosa da fare è ritirarsi in una camera al buio e trascorrerci magari 3-4 giorni, a seconda dell’intensità della reazione, fino a quando questa scema”.
La svolta
Le conseguenze psicologiche non sono di poco conto: ansia, depressione, fino ad arrivare al suicidio. Anni fa, però, per Rocco è arrivata la svolta. Dopo aver dedicato la sua vita alla ricerca di una cura, la scoperta di un farmaco pensato per altre patologie ha cambiato per sempre la sua vita. “Nel giro di pochi mesi riuscì ad organizzare dei test clinici in Svizzera, all’ospedale Civico di Zurigo. Ero uno dei cinque partecipanti a questo studio e quando mi hanno somministrato il medicamento, ho dovuto espormi al sole per vedere l’effetto, andando contro al mio comportamento naturale. E ricordo benissimo il giorno in cui mi resi conto che il farmaco funzionava e mi proteggeva da queste reazioni fototossiche”. A tutt’oggi, quasi 20 anni dopo, “sono per fortuna ancora sotto trattamento con questo medicamento che mi ha cambiato la vita. Io dimentico talvolta di avere la malattia”, conclude Rocco.