Ticino
Processo STM: la giornata degli avvocati difensori
Redazione
17 anni fa
Gli avvocati difensori ritengono che ci sia stata una violazione del principio di parità di trattamento e che quindi l'atto d'accusa sarebbe nullo

E’stato violato il diritto della parità di trattamento per il mio cliente? Può quindi essere considerato nullo l’atto d’accusa? Non ha avuto nessun dubbio la procuratrice pubblica sulla legalità dell’agire di altre persone che non siedono oggi sul banco degli imputati come il mio cliente, e che anzi verranno sentite come testi? Perché la procuratrice non ha ritenuto di giustificare alcuni passi fondamentali per la difesa compiuti durante l’inchiesta?  Queste e altre perplessità, contenute nei quesiti sollevati dall’avvocato Filippo Ferrari, difensore dell’imputato Marino di Pietro, hanno caratterizzato la prima parte del processo per reati finanziari a danno della ST Microelettronics di Manno, che si celebra da oggi alle assise criminali di Lugano.

Un danno quantificato dalla procuratrice pubblica Maria Galliani in oltre 28 milioni e mezzo di franchi. Sul banco degli imputati sedevano oltre al già citato Marino di Pietro, avvocato ed ex direttore del Credit Suisse Trust di Lugano, l’avvocato Aldo Ferrini e il gestore patrimoniale Francesco Doninelli. Tutti e tre, che si professano innocenti, sono accusati di complicità in amministrazione infedele e di aver incassato circa un milione a testa per operazioni sui cambi. Principale imputato è l’ex direttore e responsabile finanziario della STM, Pietro Paolo Mosconi, ancora in carcere e accusato di amministrazione infedele per aver intascato, secondo l’accusa, oltre 28 milioni su operazioni di cambio. Quesiti quelli posti dal difensore di Marino Di Pietro, appoggiati anche dai legali di Ferrini e Doninelli, gli avvocati Michele Rusca, Luigi Taddei, Battista Ghiggia, respinti dalla corte presieduta dalla giudice Agnese Balestra Bianchi.  

La fase dibattimentale è così iniziata solo nel pomeriggio con la ricostruzione delle attività professionali precedenti dei quattro accusati. A scorrere per primo la sua vita professionale è stato Pietro Paolo Mosconi, una vita ai vertici della STM. Una carriera brillante, tanto da diventare, negli anni 60 a soli 32 anni, uno dei più giovani direttori d’impresa d’Italia di quella che in seguito sarebbe diventata la STM. Una multinazionale che oggi vale circa 12 miliardi di dollari, cresciuta in modo esponenziale negli anni, divenuta leader mondiale nella produzione di microchip, con partecipazioni pubbliche italiane e francesi, quotata in borsa da metà degli anni Novanta. Una carriera importante e anche ben retribuita quella di Mosconi. Nel suo ultimo anno, di lavoro ha guadagnato circa 600 mila franchi netti. Una paga da numero due della STM, posizione condivisa con altri 14 numeri direttori generali. Mosconi viaggia molto. La Multinazionale alla fine degli anni Novanta trasferisce la sede operativa a Ginevra. Mosconi fa il pendolare tra la città sul Lemano Lugano e Agrate, una delle sedi produttive della STM in Italia. Ed è nei suoi regolari soggiorni a Lugano che, quasi casualmente conosce l’avvocato Ferrini con il quale instaura da subito un rapporto professionale e al quale affida la gestione di alcune questioni burocratiche riguardanti i permessi di lavoro per alcuni dipendenti della STM. L’avvocato luganese mette in contatto Mosconi con Marino di Pietro, amico di lunga data, e si incarica di trovare la sede luganese della STM, in Riva Caccia 1. Inizia così un rapporto che, per motivi che il dibattimento dovrà chiarire, ha portato i quattro accusati sul banco degli imputati.

IC

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