Svizzera
Riesportazioni di armi all’Ucraina, si riaccende il dibattito
Redazione
2 anni fa
La Svizzera potrebbe fornire indirettamente armi all'Ucraina. La commissione della politica di sicurezza del Nazionale si è infatti espressa a favore di un cambio di legge. Un tema di stretta attualità all'interno dei paesi NATO che sono pronti ad accendere il dibattito nel nostro paese. Ne abbiamo discusso con i consiglieri nazionali Greta Gysin (Verdi) e Rocco Cattaneo (PLR).

Decine di tank occidentali stanno per rinforzare la posizione di Kiev sul terreno, alle porte del secondo anno di guerra. Il Governo tedesco ha infatti dato luce verde all’invio di 14 carri armati Leopard all’Ucraina, estendendo la possibilità anche ai paesi che posseggono il blindato. Ci vorranno tre mesi per addestrare soldati ucraini, ma l’obiettivo di Berlino è far sì che l’esercito ucraino possa formare due battaglioni forniti di questi carrarmati. Negli scorsi giorni anche Polonia, Paesi Bassi e Norvegia si sono dette pronte a fornire il corazzato a Kiev: si parla di un piano per inviare congiuntamente 80 blindati di fabbricazione tedesca. Nelle scorse ore pure gli Stati Uniti hanno dato il loro via libera a 31 tank Abrams M1 da inviare all’Ucraina, completando il tandem euro-americano delle armi pesanti in favore dell’Ucraina. I paesi NATO si stanno muovendo affinché il conflitto entri in una nuova fase.

Cosa succede nel nostro paese

Anche in Svizzera si è leggermente incrinato il tabù dell’invio di armi in Ucraina. Martedì una maggioranza della commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale ha dato il suo sostegno ad una mozione e ad un’iniziativa parlamentare che permetterebbero, a determinate condizioni, di concedere la riesportazione di materiale bellico. Non si parla di un invio diretto di materiale bellico a Kiev, ma piuttosto di autorizzare un Governo estero a esportare armi e munizioni acquistate in Svizzera verso un altro paese. Dopo il benestare della commissione, ora i due atti parlamentari dovranno passare dall’esame delle Camere.

Il settore bellico svizzero

Gli ultimi dati a disposizione indicano che il settore bellico in Svizzera nel 2021 ha esportato armi, munizioni, veicoli ed equipaggiamenti per quasi 743 milioni di franchi. Il mercato principale, con acquisti per circa 483 milioni, è stato l’Europa, con Germania e Danimarca in testa come principali acquirenti. I veicoli blindati e non rappresentano la voce più redditizia seguiti da munizioni di tutti i calibri.

Cosa significa togliere il blocco delle riesportazioni

Togliere il blocco delle riesportazioni potrebbe avere una duplice valenza. Concedere ad altri Stati l’invio di materiale bellico verso l’Ucraina manifesterebbe il sostegno a Kiev e alla strategia perseguita dalla NATO. Non bisogna poi dimenticare i potenziali proventi per l’industria bellica. D’altro canto, dallo scoppio della guerra si discute sulla posizione assunta dal nostro paese e dalla possibile crepa dell’immagine e del suo statuto neutrale. L’invio, seppur indiretto, potrebbe essere letto come una partecipazione al conflitto. Sul tema abbiamo interpellato due consiglieri nazionali con posizioni diametralmente opposte.

Gysin: "Si viola il principio di neutralità"

Stando a Greta Gysin (Verdi), la riesportazione di armi è sbagliata nel principio e dal punto di vista della difesa della neutralità. “C'è una grande differenza tra adottare delle sanzioni finanziarie e accettare la riesportazione di materiale bellico in Ucraina”, ha esordito Gysin, ricordando che negli scorsi anni a più riprese in Svizzera si è discusso, tramite diverse iniziative popolari, di vietare o meno l’esportazione di materiale bellico. “Negli anni si è visto che l'industria bellica fa pressione sulla politica affinché si indebolisca questa normativa e si permetta l'esportazione. Nel 2017, ad esempio, c’è stata una grande discussione sull'esportazione verso paesi che sono in guerra civile. Siamo riusciti tramite un'altra iniziativa popolare ad evitare l’indebolimento del principio secondo cui le armi svizzere non vanno esportate in paesi in cui sono in corso dei conflitti”. Per quanto riguarda l’Ucraina, per Gysin non c'è motivo di violare questo principio: “Sarebbe un grave attacco alla nostra neutralità e sarebbe anche in contrasto con la Convenzione che protegge la neutralità svizzera”.

Cattaneo: "Non ha nulla a che fare con la neutralità"

Dal canto suo Rocco Cattaneo ribatte che non hai mai subito pressioni dall’industria bellica svizzera e sostiene che la clausola sull’esportazione non ha nulla a che fare con la neutralità: “Il divieto di riesportare il materiale bellico è una clausola che hanno tanti paesi EU, la Germania stessa ci ha messo tanto tempo prima di decidere se inviare o meno questi carri armati”, sottolinea il consigliere nazionale PLR. “Questa clausola è stata messa perché si voleva evitare che il materiale bellico svizzero andasse a finire in mani indesiderate, per esempio in paesi dove ci sono dittature. Ma non è un problema di neutralità. Questo principio si vuole ora allentare a causa della situazione che si è venuta a creare con l'invasione russa in Ucraina, un’invasione che mette in pericolo altri paesi europei, nonché la democrazia e lo stato di diritto. Non si tratta di trovare una via di fuga per riesportare e aumentare l'esportazione di materiale bellico, ma di risolvere dei problemi. La Danimarca, per esempio, ha già chiesto il permesso di poter consegnare veicoli militari Pirahna forniti dalla Svizzera all'Ucraina. In questa situazione difficile bisogna essere ragionevoli. Se non aiutiamo l'Ucraina, se non facciamo niente, andiamo indirettamente e direttamente a sostenere Putin".