
Secondo un articolo del New York Post, UBS starebbe valutando un possibile trasferimento della sede centrale negli Stati Uniti per sfuggire all’inasprimento dei requisiti patrimoniali ipotizzato da Berna. Una mossa che, se confermata, avrebbe un forte impatto sulla piazza finanziaria svizzera. Ne abbiamo parlato con Alberto Petruzzella, presidente dell’Associazione bancaria ticinese.
L'intervista
Si tratta di un’ipotesi reale o piuttosto di una mossa di
pressing politico?
“Io penso che la banca stia valutando tutte le opzioni. Conoscendo Sergio
Ermotti, l’ultima cosa che vorrebbe è portare la sede lontano dalla Svizzera.
Tuttavia UBS ha azionisti – molti dei quali stranieri – che non si lasciano
influenzare dalla politica o prendere dall’emotività: fanno semplicemente dei
calcoli. Se davvero UBS dovesse aumentare il capitale di 24-27 miliardi, il
consiglio di amministrazione è tenuto a valutare tutte le opzioni".
Ermotti ha più volte dichiarato di voler restare in
Svizzera, ma non ha mai nascosto la sua contrarietà alle misure che Berna
intende perseguire…
"Credo che l’interesse di UBS sia quello di rimanere in Svizzera: è la più
grande banca del Paese e un pilastro per l’economia e la piazza finanziaria. Ma
tutto ha un prezzo: quando si parla di così tanti miliardi, si comincia a fare
qualche valutazione".
Quali sarebbero i vantaggi e gli svantaggi concreti per
ubs e il paese se questo passo venisse effettivamente compiuto?
"Come detto per UBS lo scenario migliore sarebbe quello di
rimanere, ma probabilmente c’è un prezzo che quando diventa troppo alto li
obbliga a considerare altre opzioni. Per la Svizzera credo che sia
assolutamente importante che rimanga affinché ci sia almeno una grande banca
internazionale. È importante per la piazza finanziaria e l’economia del nostro
paese".
La partenza della sede avrebbe effetti anche sui posti di
lavoro…
"Certamente. Non si tratterebbe solo di spostare qualche dirigente, ma
probabilmente migliaia di specialisti qualificati e ben retribuiti. Sono posti
di lavoro che non possiamo permetterci di perdere".
Ieri il Blick riportava le parole di Daniel
Zuberbühler, ex capo della vigilanza bancaria svizzera, secondo cui
un’eventuale partenza non sarebbe ideale ma nemmeno una catastrofe. Condivide
questa lettura?
“No, non la condivido. Se UBS lasciasse la Svizzera sarebbe un’enorme perdita
per la nostra piazza finanziaria e l’economia. D’altra parte, è chiaro che il
Consiglio federale vuole evitare di rivivere una crisi come quella di Credit
Suisse: un obiettivo legittimo che va perseguito. Se UBS lascia la Svizzera è
una catastrofe”.
Sul piano politico, sarebbe anche un danno d’immagine per
la Svizzera?
“Non sta a me giudicare, ma certamente sarebbe una situazione che preferirei
evitare”.
Come si evolverà il braccio di ferro tra UBS e il
Consiglio federale?
“Difficile prevederlo. Mi auguro che si arrivi a un compromesso. Le banche
devono essere ben capitalizzate, ma non si può nemmeno esagerare, perché si
rischia di mettere in difficoltà la più grande banca svizzera. Da buoni
svizzeri, dobbiamo trovare una soluzione di equilibrio”.
Questa situazione preoccupa anche il resto del settore
bancario?
“Sì. Le nuove norme della FINMA toccano tutte le banche, non sono quelle “too
big to fail”. Abbiamo più volte sottolineato la necessità di equilibrio e non
vediamo motivo per un eccessivo attivismo del regolatore”.
Se UBS dovesse davvero decidere di trasferirsi, quali
sarebbero i tempi?
“Non si sposta la sede di una grande banca in cinque minuti. Ci vorrebbe tempo,
e avremmo modo di discuterne ancora”.