Le reazioni
Si sorride per la riforma EFAS, ma il "no" alle strade nazionali lascia un po' di amaro in bocca
©Gabriele Putzu
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Redazione
4 ore fa
La votazione sulla riforma EFAS in Ticino ha dato il via libera per un nuovo sistema sanitario finanziato uniformemente, mentre il voto contrario alla costruzione di nuove autostrade riflette preoccupazioni ecologiche e sociali.

La votazione di ieri sulla riforma EFAS ha dato il chiaro segnale che la sanità può venir riformata attraverso il finanziamento uniforme delle prestazioni. Un momento definito storico dal settore, se non il più importante dall'introduzione della LAMal nel 1996. Nel suo editoriale, il giornalista del Corriere del Ticino Giovanni Galli "la sanità può e deve essere riformata", il quale non ha nascosto come l'esito delle altre votazioni popolari abbia invece sottolineato un certo grado di sfiducia del Governo e nel Parlamento. Dal canto suo, il vicedirettore del Corriere del Ticino Gianni Righinetti ha confermato come "la riforma EFAS si inserisce in un ampio e complesso processo legato alla politica sanitaria, ma il tema della locazione è stato piuttosto marginale durante la campagna elettorale, lasciando spazio ad altri argomenti". Quello che invece è emerso a gran voce è il secco "no" al potenziamento delle autostrade, "una posizione che rappresenta un chiaro segnale politico, con implicazioni importanti e necessità di soluzioni concrete", sostiene sempre Righinetti, per il quale questo tema rappresenta senza alcun dubbio il più significativo, "poiché non riguarda solo i cinque progetti sul tavolo, ma solleva una questione ben più ampia legata alla gestione delle infrastrutture viarie nel Paese".

"Con EFAS si favoriscono le cure ambulatoriali"

Ma partiamo dalla tanto discussa riforma della sanità, per la quale il nostro Cantone ha dato il via libera, anche se in misura decisamente minore rispetto ai Cantoni svizzero-tedeschi (il cosiddetto Röstigraben). I Cantoni romandi si sono invece detti decisamente a sfavore, ma questo non ha comunque impedito un esito positivo. Per Galli quello del Ticino è "un risultato affermativo in linea con quello della maggioranza, ma che risente della diffidenza per certe promesse non mantenute del passato (come i mancati sconti sui premi per il nuovo sistema di finanziamento degli ospedali e delle cliniche) e dell’aperta contrarietà alla riforma manifestata dal Governo cantonale". Nonostante la votazione abbia visto la maggioranza dei votanti dalla sua parte, "anche a livello federale il referendum presentava grosse insidie". Galli ha poi spiegato che questo va ricondotto principalmente alla "complessità del tema e ai timori sull’evoluzione dei premi e sulla qualità delle cure diffusi dai referendisti, che hanno alimentato una guerra delle cifre ed evocato fantasmi facendo leva sulla retorica anticasse malati". Tuttavia, questo non toglie che "la maggioranza politica maturata in 14 anni di lavori parlamentari e l’inusuale alleanza degli attori sanitari (medici, ospedali, casse malati) hanno retto l’urto, forti anche del fatto che gli avversari non sono stati in grado di proporre alternative valide, se non il sempre più insostenibile status quo". Infine, Galli ha voluto evidenziare come la riforma EFAS elimini disincentivi che ostacolano l’efficienza del sistema sanitario, "favorendo il passaggio a cure ambulatoriali e day hospital, che sono più economiche e consentono al paziente di restare a casa". La questione dei costi, finora ricaduti sugli assicurati, cambierà quindi con questa riforma "il cui finanziamento uniforme, che coinvolgerà anche i Cantoni, mira a ridurre questo onere". Una soluzione, quindi, ma non per tutti i problemi. "Servono altri interventi, come il nuovo tariffario medico del 2026, il contenimento dei costi dei farmaci e una migliore pianificazione ospedaliera cantonale". Come ribadito ieri più volte da tutte le parti, è bene sottolineare che il successo di tale riforma dipenderà dal livello di collaborazione delle parti coinvolte, partendo dai medici fino alle assicurazioni passando per i Cantoni. "La politica dovrà sostenere questo cambiamento, promuovendo una riduzione dell’offerta ospedaliera e l’espansione di quella ambulatoriale".

"EFAS, un passo avanti ma non una soluzione miracolosa"

Nel suo commento, il giornalista della Regione Stefano Guerra si è invece concentrato sul dibattito che ha seguito il sì popolare alla riforma EFAS, destinata a rendere uniforme il finanziamento delle prestazioni sanitarie. Da un lato, il sindacato Unia avverte che la riforma avrà "conseguenze imprevedibili", mentre Curafutura, associazione degli assicuratori malattia, celebra i "notevoli risparmi" e la "riduzione significativa dei premi". "Nonostante la tendenza della popolazione a preferire lo status quo di fronte a temi complessi, il 53,3% degli elettori ha scelto di sostenere una riforma che, sebbene non priva di rischi, è vista come ragionevole e opportuna, e ben sostenuta dalle organizzazioni del settore". Guerra ha poi sottolineato come attualmente gli assicurati "sono penalizzati da un sistema che fa ricadere sui premi l’intero costo delle prestazioni ambulatoriali". In questo senso, la riforma EFAS prevede - a partire dal 2028 - che anche i Cantoni contribuiscano al finanziamento, "alleggerendo così il peso sui premi, una correzione necessaria per un sistema che sta progressivamente puntando su cure ambulatoriali, che sono la principale fonte di spesa". Tuttavia, Guerra avverte che i premi delle casse malati non diminuiranno drasticamente e che saranno necessarie altre riforme, come un nuovo tariffario medico e una gestione più efficiente dell'offerta ambulatoriale e ospedaliera. "La riforma EFAS, pur rappresentando un passo in avanti, non è una soluzione miracolosa, ma con una ripartizione uniforme dei costi tra ambulatoriale, ospedaliero e cure a lungo termine, i premi potrebbero aumentare in modo meno marcato. Inoltre, il coinvolgimento dei Cantoni, soprattutto in quelli con una maggiore quota di cure ambulatoriali, potrebbe alleggerire ulteriormente il peso sugli assicurati".

Strade nazionali, "Una visione ancora conservatrice"

E anche per quanto riguarda l'esito delle strade nazionali, questo non ha lasciato alcun dubbio: gli svizzeri non vogliono la costruzione di nuove autostrade, bretelle e tunnel inclusi. Una visione definita da Righinetti come ancora "più conservatrice rispetto alle necessità di espansione e modernizzazione della rete viaria". In questo senso, quello che emerge è quindi che "l’ideologia ha prevalso sulla necessità di soluzioni concrete, privilegiando preoccupazioni ecologiche e sociali rispetto alla crescente domanda di mobilità". Fra le motivazioni principali a sostegno del voto c'era la questione - sottolineata più volte - delle infrastrutture stradali ormai obsolete, progettate negli anni '80 per una Svizzera di 6 milioni di abitanti, ora salita oltre i 9 milioni. "Il recente voto, che ha bocciato nuovi progetti stradali, riflette un’opposizione non solo ecologista ma anche da parte di regioni come il Ticino, preoccupate per l’impatto dei progetti sulla viabilità locale". Per il vicedirettore del CdT, il voto di ieri - nonostante rispecchi una chiara volontà popolare - "impone ora soluzioni pratiche per affrontare le sfide della mobilità senza compromettere l’ambiente. Nonostante l’importanza del trasporto pubblico, sarà necessaria una visione più integrata che ottimizzi le infrastrutture esistenti e proponga soluzioni innovative". La critica di Righinetti, in questo senso, non è quindi tanto volta al sistema democratico, quanto piuttosto ai tempi di risposta "spesso lenti, e ciò ha un impatto diretto sulla capacità di affrontare i problemi reali del presente". Quello che maggiormente sorprende è però tuttavia il fatto che l'opposizione sia giunta non solo dal fronte rossoverde o dalle forze politiche contrarie, bensì anche dal Ticino, ovvero un Cantone direttamente interessato dai progetti, "che ha espresso dubbi riguardo a iniziative che avrebbero dovuto migliorare la connessione tra le zone periferiche e le principali arterie stradali. In particolare, la popolazione ticinese, che da anni attende una soluzione per migliorare il collegamento veloce con il Locarnese, ha visto nel progetto una minaccia piuttosto che una soluzione, alimentando così un clima di opposizione diffusa. Allo stesso modo, la vicinanza al progetto PoLuMe, destinato a migliorare la viabilità nella zona sud di Lugano, ha suscitato reazioni negative da parte dei cittadini, già preoccupati per l’impatto sulla loro vita quotidiana e sul traffico". Questo successo rappresenta "una possibile rinascita per i Verdi, che dopo l’esplosione elettorale del 2019, alimentata dall’emergenza ambientale legata al disastro di Fukushima, avevano visto un ridimensionamento della loro influenza politica nel 2023". Ma per Righinetti, con questo successo elettorale il fronte vincente "non può accontentarsi di una vittoria simbolica. Ora è necessario che si mettano sul tavolo soluzioni pratiche e realizzabili, in grado di rispondere alle esigenze di mobilità senza compromettere l’ambiente e la qualità della vita".