Ticino
Tiziano Ferro: "Ricordatevi da dove veniamo"
Tiziano Ferro: "Ricordatevi da dove veniamo"
Tiziano Ferro: "Ricordatevi da dove veniamo"
Redazione
7 anni fa
“Quello che facevo era assolutamente fuori moda e non commerciale.” Il cantautore si racconta: dagli esordi, alla sua vita a Los Angeles, fino al suo nuovo album

Tiziano Ferro non è certo tipo da stare con le mani in mano: è infatti da poco uscita un’edizione speciale del suo ultimo album Il mestiere della vita. Per l’occasione è stato recentemente agli studi della RSI a Besso per uno showcase, dove abbiamo avuto il piacere di incontrarlo e farci raccontare alcuni dettagli riguardanti il disco e molto altro ancora…

Ci descrivi la nuova edizione speciale del tuo album Il mestiere della vita?

È un’edizione nata con l’intento di rinnovare la vita dell’album, perciò mi sono chiesto “cosa farei oggi se dovessi fare un disco? Cos’è che mi diverte?” L’ho fatto già in passato prendendo un disco che era L’amore è una cosa semplice e facendone una versione swing. La verità è che mi sono divertito con i suoni e con gli arrangiamenti, facendo qualcosa che avrei fatto comunque, magari anche solo in privato, che però è diventato un disco, lo stesso disco ma prodotto come se l’avessi prodotto oggi, quindi con una testa leggermente diversa. A questo si sono uniti degli episodi che sono quelli che hanno caratterizzato il 2017, come la collaborazione con i One Republic, la canzone di Luigi Tenco che ho cantato a Sanremo, la versione in spagnolo e un po’ reggaeton di Lento/veloce,… È nata come un’idea discografica e si è evoluta in una sorta di divertimento, ma io l’ho vissuta anche un po’ come una prova generale per il disco nuovo. Sperimentare su un disco già esistente è interessante e non succede tutti i giorni.

Come vivi la storia di Luigi Tenco?

Quella di Luigi Tenco una storia di passione, di disperazione… Una missione. Per lui la musica era questo, la prendeva seriamente e non ha mai fatto della musica una cosa leggera, per questo ho sempre avuto quasi un’ossessione per la sua storia, mi appassiona molto. Però la scelta di fare Tenco aveva anche un intento quasi didattico, non che io mi senta di insegnare niente a nessuno, però facendo questo mestiere mi sento per lo meno in dovere di trasmettere alle nuove generazioni delle informazioni. Non che abbia paura che questi artisti possano estinguersi nella memoria delle persone, però il rischio potrebbe esserci, quindi il mio è stato anche un atto di forza e una dichiarazione nei confronti di chi oggi, da giovane, guarda ancora Sanremo, per dire “andiamo avanti con la musica nuova, però ricordatevi da dove veniamo. E ricordatevi che tutto quello che è successo è stato perché le basi le hanno gettate autori come Tenco, che hanno scritto canzoni meravigliose.” È stato importante secondo me, però li per li c’è voluta anche una discreta dose di incoscienza.

In tutti i tuoi dischi hai sempre lavorato con lo stesso arrangiatore (Michele Canova), quanto è importante questo tipo di legame in un lavoro come il vostro?

Come in tutti i rapporti è importante sempre mantenerli vivi e stimolanti. Con Michele siamo arrivati al punto in cui ormai ci leggiamo nel pensiero, quindi io faccio dei provini già sapendo quello che lui mi dirà. Anche quando scrivo le canzoni, le correggo già quasi con la sua visione e lui quando iniziamo a lavorare su un pezzo ha già in mente cosa fare. È diventato una mia estensione e viceversa. Per cui onestamente è difficile per me pensare di non averlo intorno, anche perché comunque lui si è trasferito a Los Angeles 4 anni fa ed è una delle persone che frequento di più quando sono li. Però sono sempre aperto a sperimentazioni, a possibilità di fare qualcosa di nuovo e di diverso, ma devo dire che se non avessi Michele al mio fianco, ora come ora, farei un po’ di fatica.

Com’è la tua vita a Los Angeles?

Faccio veramente di tutto, io sono un tipo iperattivo, quindi tutto quello che non riesco normalmente a fare nella vita di tutto i giorni, li lo faccio. Mi diverto a provare cose nuove, ad esempio ho fatto anche un corso di recitazione, nuoto, corsa, meditazione,… Poi scrivo moltissimo, quindi prendo anche degli studi di registrazione per farmi i miei demo da solo. Oppure prendo la macchina, vado in giro, mi piace scoprire posti nuovi, mi piace anche sperimentare tipi di cucina diversi, mi piace vedere tutti i film che escono,… Non mi fermo mai. Ogni cosa è uno stimolo, e siccome li ce ne sono molti mi faccio investire da tutti questi. Poi io sono uno scrittore in flagrante, mi piace rubare la vita alle persone intorno a me, quindi per scrivere a volte mi piace portare il mio lavoro in mezzo ai caffè, ai bar,… Essere in mezzo alla gente, che è una cosa che in Italia non riesco a fare con il dovuto distacco e senso d’isolamento. A Los Angeles riesco a farlo molto bene, perché mi mimetizzo e osservo. Mi piace tanto scrivere, è una cosa che crea un senso di comunione con il momento che sto vivendo.

Recentemente hai duettato con Fabri Fibra nel suo brano Stavo pensando a te: che rapporto ci può essere tra due artisti così apparentemente diversi?

Io ho iniziato a 17 anni facendo il corista per una band rap, i Sottotono, e quando ho iniziato a fare i primi demo, erano tutti prodotti con beat R&B, Hip-Hop,… Anche il mio primo disco era quasi tutto in quel genere, ho faticato tantissimo a trovare un contratto discografico perché quello che facevo era assolutamente fuori moda e non commerciale. Poi è uscito, ha venduto tanto ed è diventato mainstream, e mi fa sorridere quanto la linea che separa il pop dall’indie siano la percezione e il caso, come vanno le cose… Io poco prima di firmare un contratto discografico ero una cosa estremamente anti commerciale, e quindi in realtà non vedo Fabri Fibra lontano da me, è uno che dice quello che vuole dire nel modo in cui vuole dirlo, e in questo è molto simile a me. Tra l’altro, questo duetto è stato solo la punta di un iceberg, sono almeno due anni che proviamo a fare qualcosa insieme, ho almeno altri due pezzi con lui.

Per concludere, ci puoi anticipare qualcosa riguardo la tua esibizione natalizia dalla tua camera?

È diventata un’abitudine molto complessa da gestire… È più complesso fare la canzone di Natale che il disco nuovo oramai. Sono quasi tre anni che questa abitudine è diventata un gesto di unione tra me e chi mi segue. Cerco sempre una canzone che non è natalizia, ma che secondo me si adatta molto bene allo spirito del Natale, però vi annuncio, ed è da un po’ che ci stavo pensando, che vorrei cambiare dal prossimo anno. Sta diventando una cosa obbligatoria e questo non va bene, io devo uscire con delle idee spontanee senza controllarle, non deve diventare un appuntamento fisso dovuto. Troverò delle altre sorprese in futuro. Però quest’anno ho deciso che la canzone di Natale la dovevano votare i miei fans tramite i social network, e quasi tutti hanno scelto Perfect di Ed Sheeran.

Michele Sedili

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