
Pazienza, perseveranza e molto lavoro. Stare dietro ai fornelli è un lavoro tanto impegnativo quanto soddisfacente, frutto di anni di pratica e passione, ma anche di tanti sacrifici. E ne sa qualcosa lo chef di Comano Marco Rosso - classe 1992 -che all’età di 17 anni ha deciso di abbandonare il liceo per dedicarsi in tutto e per tutto alla cucina, iniziando un nuovo apprendistato presso la Residenza Rivabella di Magliaso. Un primo passo che l’ha poi portato alla Scuola alberghiera di Losanna, dove ha potuto perfezionarsi e crescere. Un percorso che gli ha infatti permesso di mettere piede in cucine di rilievo, fino alla vittoria nella seconda stagione del programma culinario “Oui Chef”. Ma facciamo un passo indietro e ripercorriamo assieme a Marco quello che l’ha portato a venir selezionato dalla giuria per questo programma-concorso televisivo. “Dopo Losanna ho trovato lavoro come executive chef a Strasburgo presso il Consiglio d’Europa, dove ho cucinato per presidenti come Silvio Berlusconi e Emmanuel Macron. Purtroppo, dopo qualche mese è arrivato il Covid-19 e ci ha impedito di continuare a lavorare”. Passato un po’ di tempo è però poi arrivata l’offerta come executive chef per le regioni Alsazia-Lorena e Champagne-Ardenne. “Lì ho girato diversi ristoranti, nei quali creavo nuove ricette e piatti a base di prodotti freschi di stagione, per poi mostrare agli altri chef come prepararli”. Un percorso arricchente, certo, ma non quello che Marco intende fare per tutta la vita. “Ho deciso di smettere per aprire un ristorante tutto mio sempre a Strasburgo, cosa che non è però successa in quanto mi sono reso conto che non volevo restare in Francia, bensì tornare in Svizzera, precisamente in Ticino. Qui mi hanno nuovamente assunto al Rivabella, dove ho lavorato negli ultimi due anni”.
Oui Chef
Marco in quel periodo si è anche messo in contatto con un suo ex docente di Losanna in quanto giudice nella giuria del programma Oui Chef, il quale gli ha consigliato di iscriversi. “Dopo aver compilato i formulari ho dovuto mandare un breve video di presentazione. Qualche giorno più tardi mi è stato comunicato che ero stato selezionato fra gli otto candidati”. Le registrazioni sono durate una settimana, durante le quali i concorrenti dovevano sfidarsi in una serie di duelli. “La prima sfida era a eliminazione diretta, quindi siamo rimasti solo in quattro. I quattro vincitori si sono poi affrontati l’un l’altro in tre divere sfide a punti dalla durata di 1h30, fino ad avere due finalisti. E Marco non solo era fra uno di loro, ma si è aggiudicato la vittoria. “Nell’ultima puntata dovevamo affrontare due sfide: nella prima siamo andati male entrambi. Se fino a quel giorno avevo sempre ottenuto 84 punti su 100, nella prima delle due sfide finali ho ottenuto solo 57 punti. Ma nella seconda e ultima prova abbiamo dovuto cucinare del capriolo, ispirandoci alla cucina della chef stellata del ristorante della Scuola Alberghiera, la quale impiega molta frutta. Lì ho ottenuto 94 punti, mentre il mio sfidante 88”. Ma la parte che più è piaciuta allo chef comanese non riguarda tanto il programma televisivo, considerato comunque divertente, quanto piuttosto il fatto di poter cucinare per chef di un certo calibro, anche stellati. “Il fatto di avere un loro riscontro positivo sui tuoi piatti è la parte più soddisfacente, è davvero emozionante”. La vittoria a Oui Chef ha rafforzato ulteriormente l’intenzione di aprire un proprio locale, “devo solo trovare il progetto giusto. Dopo la pandemia si ha più voglia di vivere, e fare il cuoco è un lavoro che ti priva di molto tempo. Quindi vorrei trovare il giusto equilibrio che mi permetta di continuare a mettere in pratica la mia passione, ma al contempo di avere una vita. È molto importante, anche per stare bene al lavoro. Soprattutto in cucina, dove le tue emozioni impattano sul risultato. Se tu stai bene la tua cucina sarà migliore, perché è il riflesso del tuo stato d’animo”.
Una cucina locale ispirata a quella del mondo
Essere uno chef significa come detto avere una propria idea di cucina e nel caso di Marco parliamo di quella di stagione e il più possibile con prodotti locali, “sono molto severo su questo. La natura ti dà sempre ciò di cui hai bisogno in un determinato momento. D’inverno si trovano alimenti come le zucche, i cavoli e alcune radici che danno maggiore energia. D’estate invece si trovano verdure piene di acqua come i pomodori e le zucchine proprio perché necessitiamo di idratarci maggiormente”. La sua idea è quindi quella di offrire una cucina prettamente del territorio, ma con ispirazioni dall’estero. “Oltre alla Francia, ho vissuto 7 mesi in Perù, dove è cambiato il mio modo di pensare la gastronomia e la cucina, per poi viaggiare in Asia. Le ispirazioni del mondo fanno quindi parte del mio modo di cucinare, perché ogni cucina arricchisce le altre”. Ma quale delle diverse culture culinarie è maggiormente rimasta impressa? “Quella peruviana, perché è molto ricca ma al contempo sana, mentre quella francese nonostante sia ottima è molto grassa”.
Cosa significa essere chef
All’età di 17 anni Marco non si sarebbe mai immaginato di raggiungere simili traguardi, anche perché l’apprendistato dietro ai fornelli è stata una prova che alla fine si è rivelata essere la scelta giusta. “È un mestiere molto particolare e impegnativo, però io ho avuto la fortuna che mi ha conquistato. Purtroppo non sempre puoi esprimerti come vorresti, ma quando ti viene data la possibilità di cucinare la tua idea di cucina è tutta un’altra storia”. Marco ha voluto ribadire come non sia evidente avere un lavoro in cui fai quello che ti appassiona e che ti dà emozioni positive. “Ovviamente non è una strada per tutti, molti non riescono a starci dietro, ed è anche per questo che sono contento di aver avuto l’intuizione di provare questo lavoro, che alla fine adoro. La cucina è infatti l’unica arte che si può sentire con tutti e cinque i sensi”.