
Truffa della telefonata shock: un fenomeno che in Ticino ha già raggiunto quest’anno numeri decisamente importanti. Nei primi cinque mesi del 2023 si parla di 14 casi andati a buon fine per gli autori di questi imbrogli, per un ammontare del “bottino” di oltre mezzo milione di franchi. “Siamo di fronte a una situazione decisamente importante”, spiega a Ticinonews Renato Pizolli, portavoce della Polizia cantonale. Nei momenti in cui i truffatori sono attivi “abbiamo circa una ventina di segnalazioni al giorno e calcoliamo che questo sia solo il 10% del reale ammontare dei tentativi, che possono arrivare quindi fino a 200 casi nel solo Ticino”. Dai numeri “si capisce a che pressione siano sottoposte le persone vittime di questa truffa, in particolare gli anziani”.
Di cosa si tratta
Le truffe si sviluppano solitamente seguendo due possibili tronconi. In uno di questi la telefonata shock è relativa a un incidente, nell’altro si parla invece di una grave situazione a livello medico-sanitario. Ad esempio, in una conversazione “sentiamo un sedicente medico chiedere che venga pagata un’iniezione salvifica per una persona, ovvero il figlio della signora vittima dell’imbroglio, il quale necessita urgentemente di tale iniezione”, continua Pizolli.
Dallo spezzone di questa “telefonata shock” si sente il momento in cui viene fatta la richiesta di denaro. E viene domandato, nel caso non vi fosse liquidità, almeno un deposito di denaro. “Si tratta di un escamotage per spingere le persone a cercare il proprio oro da consegnare”, prosegue ancora Pizolli. E non viene richiesto a saldo di fattura “bensì come cauzione, come deposito di un pagamento che potrebbe poi essere restituito. In realtà queste persone si trovano in cucina, a pesare i propri valori e a darne una quantità ai truffatori. Sono situazioni quasi surreali”.
Nel secondo spezzone dell’audio, la persona anziana è molto spaventata e dice di voler prendere un autobus per andare in una banca vicina a casa sua per prelevare il denaro richiesto. “L’intento è sempre quello di shockare la vittima. Per questo motivo non parliamo più di truffe del falso nipote, ma cerchiamo di utilizzare la definizione di ‘chiamate shock’”, precisa Pizolli. “La dinamica è infatti sempre quella di un parente in difficoltà, ma a tenere legata alla cornetta la vittima è quest’ansia iniziale. È come creare un tunnel dal quale non si riesce a uscire”. E l’autore insiste con maestria affinché la telefonata non venga mai interrotta, “ma continui fino al momento del deposito, o il più vicino possibile”. Ciò a cui mirano i malviventi è ottenere il valore più alto “e può trattarsi dei risparmi di una vita, 20-30mila franchi, se non di più”.
Il ‘modus operandi’
I malviventi non studiano le vittime per conoscerne i dettagli, ma estrapolano semplicemente dall’elenco telefonico quelle persone che, approssimativamente dal nome, potrebbero essere più in là con gli anni. Anche ieri sono entrati in attività, ma hanno smesso quasi subito quando è stato fatto loro notare che non era possibile andare in banca, dato che le banche erano chiuse. Gli imbrogli vengono svolti tramite un centralino, “attivato da persone che lo supportano. Questi individui agiscono dall’estero e hanno qui, o in prossimità del nostro cantone, una base logistica”. Inoltre “possiedono conoscenze linguistiche adeguate alla situazione: se c’è bisogno di parlare tedesco, si esprimono in tedesco. Sono organizzati in maniera tale da essere credibili in ogni telefonata”, avverte Pizolli.
Le misure da adottare per tutelarsi
Per proteggersi da queste truffe “possiamo anzitutto fare squadra. Bisogna sempre cercare di interrompere le telefonate di questo tipo e, laddove non è possibile, tentare di ottenere un numero da richiamare. Così facendo, ci sarà sempre la possibilità di ricontattare e magari di accorgersi che il nostro interlocutore non faceva parte dell’istituto di cui parlava”. Un altro aspetto molto importante è non vergognarsi: “Se ho un dubbio, mi fermo e chiedo a qualcuno, a un parente, a un vicino di casa o alla polizia”. Segnalare è molto importante. “Gli arresti eseguiti finora sono stati dovuti in gran parte alle segnalazioni ricevute”, afferma Pizolli.
“Cerchiamo di rafforzare le difese”
Da inizio anno sono già stati effettuati sette arresti. “L’attività inquirente è molto intensa da questo punto di vista”. Purtroppo però “inizia quando ormai il danno è già fatto. Noi cerchiamo dunque di rafforzare anche le difese, in modo che tali situazioni non accadano. E non si tratta solo del danno economico arrecato alle vittime, ma anche di tutta una serie di ripercussioni a livello sociale e psicologico che si vanno a innescare”, conclude Pizolli.